Esce oggi in sala “La ballata dei gusci infranti”, opera prima di Federica Biondi che vede nel cast Paola Lavini. A fine aprile poi la ritroveremo nel film “Anima Bella” di Dario Albertini. Paola è di nuovo con noi su Wondernet Magazine per parlarci dei suoi ultimi lavori e dei progetti per il futuro
L’avevamo incontrata dopo la candidatura al Globo d’Oro per “Volevo Nascondermi”, il film di Giorgio Diritti con uno straordinario Elio Germano nei panni di Antonio Ligabue. In quel film Paola Lavini interpreta la Pina, una donna molto femminile e sensuale. Ruolo molto diverso da quello che Federica Biondi le ha assegnato ne “La Ballata dei gusci infranti”, dove la troviamo nel ruolo di Lucia.
Versatile e sempre pronta a cambiare pelle, in questo film Paola Lavini interpreta un’allevatrice che viene lasciata sola dal marito a gestire l’azienda di famiglia. Una donna che si rimbocca le maniche dopo il sisma del 2016, e riparte facendo appello alla sua forza di volontà. Dote che a Paola non manca di sicuro: per lei essere attrice vuol dire sviscerare un personaggio, studiarne ogni piccola sfumatura, impegnarsi con caparbietà per riuscire a renderlo al meglio sullo schermo, come ci racconta lei stessa.
Ci parli di Lucia, il personaggio che interpreti ne “La Ballata dei gusci infranti”?
Paola Lavini: Lucia è la protagonista di una delle quattro storie che si intersecano nel film. Una donna che viene lasciata dal marito in modo molto brusco. Si ritrova da sola ad affrontare il peso della grande azienda agricola, ad occuparsi degli animali, mucche, pecore, galline. Piange un attimo, poi si rimbocca le maniche e porta avanti tutto da sola, con grande fatica. Io ho origini contadine, ho vissuto i primi nove anni della mia vita in campagna e so bene cosa significa la fatica del lavoro agricolo. Emerge dunque la sua grande stanchezza fisica, l’unico che l’aiuta un po’ è Jacopo, il matto del villaggio, una figura che compare in tutti e quattro le storie e che fa da fil rouge.
Per interpretare Lucia mi sono resa disponibile a fare di tutto, dall’andare sui trattori al dirigere le mandrie al pascolo, richiamando i versi che fanno gli allevatori, e mi sono divertita un sacco. Ho un rapporto con la natura quasi viscerale. Dopo il terremoto, che nel film non viene mostrato nella tragedia che è stata ma nelle conseguenze devastanti che ha provocato, Lucia è ancora più sola. Non ha più nulla tranne l’asino Silvano, parla con sé stessa in mezzo ai monti Sibillini e vive in una tenda come la maggior parte delle persone in quel periodo vivevano. E devo dire che purtroppo, come si vede nel film, molti territori e molte case sono messi ancora così come nel 2016.
Continui ad alternarti tra ruoli di contadine e donne glam come Maria Callas, che hai portato sullo schermo di recente in “Carla”, il biopic sulla Fracci
Paola Lavini: Interpretare la Callas è stata un’emozione grandissima…Emanuele Imbucci, regista del biopic, non sapeva che sono anni che leggo e mi documento su Maria Callas. Un po’ perché fin da ragazza mi dicevano che le assomigliavo fisicamente, un po’ perché ho studiato bene la sua storia e ci assomigliamo in tante cose…sai che io sono anche cantante, già anni fa avevamo iniziato un progetto su di lei che non è mai andato in porto. Interpretarla è sempre stato il mio sogno, anche se nel biopic su Carla Fracci è un piccolo ruolo è stato comunque un’emozione immensa girare alla Scala di Milano.
Mi sono impegnata al massimo per rendere il giusto omaggio ad un’icona come la Callas: durante le riprese un’aria che avevo preparato è stata cambiata all’ultimo momento, ed ho avuto pochissimo tempo per preparare il labiale. Sul palco l’ho invocata: “Aiutami tu a fare bene”, perché sentivo addosso il peso della responsabilità. Non si può interpretare la Callas con leggerezza, almeno io non sono così. Ho cercato di lavorare sull’accento, un po’ veneto, un po’ greco, sulle movenze, sul modo in cui innalzava il sopracciglio, sul modo in cui si muoveva. Ho cercato di dare il massimo in ogni scena.
Ci avevi già confessato di essere una secchiona!
Paola Lavini: (Ride, n.d.a.) Sì è vero, oggi essere una secchiona a volte sembra una cosa non necessaria, ma quando a me danno un ruolo da studiare io sono felice di sviscerarlo…è la parte più bella del mio lavoro.
Tornerai ad interpretare di nuovo La Divina?
Paola Lavini: Sì, stiamo scrivendo uno spettacolo con Paolo Logli, che è anche uno degli autori di “School of mafia” di Alessandro Pondi al quale ho preso parte. È uno spettacolo su Maria, più che sulla Callas, sulle fragilità della donna dietro l’icona. Come dice un proverbio, “non è tutto oro quello che luccica”: dietro al lavoro di un artista, alla visibilità, alla fama, ai bei vestiti c’è anche tanto lavoro, tante lacrime, tanto studio. Un mio ex compagno mi diceva che noi attori siamo come i calciatori, e che a un certo punto dovremmo smettere. Siamo sempre sottoposti allo stress di essere giudicati, figuriamoci cosa ha potuto significare essere la Callas!
Il 28 aprile esce “Anima Bella” di Dario Albertini, che ruolo interpreti in questo film?
Paola Lavini: Sì, finalmente dopo una lunga gestazione il film è pronto per uscire in sala. “Anima Bella” è un progetto al quale tengo moltissimo. Il mio personaggio è quello di Rosalba, una donna che è un punto di riferimento nella piccola comunità di provincia dove vive Gioia, la protagonista del film interpretata dall’esordiente Madalina Maria Jekal. Il film è ambientato in parte in una comunità della Maremma laziale per poi spostarsi in una città, che Dario Albertini non definisce perché il suo film non si concentra sui luoghi, ma sulle anime, appunto.Rosalba è una donna di paese che si muove in una realtà rurale, Gioia non ha una madre ma solo un padre che le crea grossi problemi, lei lo aiuta nella vendita di formaggi e nella gestione del gregge e Rosalba è il punto di riferimento suo e di tutta la comunità.
In “Anima Bella” c’è anche un cameo di Piera degli Esposti…che ricordo hai di lei?
Paola Lavini: Se non erro “Anima Bella” è l’ultimo film girato da Piera. Con lei ho un forte legame, abbiamo girato insieme anche “La California” di Cinzia Bomoli che non è ancora uscito nelle sale, del quale Piera degli Esposti ha scritto anche la sceneggiatura insieme alla regista e a Christian Poli. A lei mi legano le radici emiliane, era una donna verace anche nella difesa dell’indipendenza delle donne, una sessantottina dentro.
Com’è oggi la situazione della cinematografia? Si sta riprendendo dopo la pandemia?
Paola Lavini: All’inizio è stata una vera tragedia, ora tutto sta lentamente riprendendo, ci sono tanti set, le sale sono aperte. Dopo il periodo del lockdown le produzioni hanno preso tutti i provvedimenti del caso, su ogni set si fanno i tamponi, c’è un covid manager…purtroppo qualche difficoltà c’è ancora, anche se grazie ai vaccini non c’è più quella paura che c’era inizialmente. Sicuramente si è tutti molto stanchi, ci sono molti film fermi, io stessa ne ho due in stand by, uno con Kim Rossi Stuart ed uno di Luca Lucini, che non si sa ancora quando usciranno. Le sale al momento sono piene di film la cui uscita è stata posticipata. Le difficoltà non stanno tanto nel girare, siamo tutti tamponati, ma nel far poi uscire i film che si sono accavallati.
In molti ti hanno paragonata ad Anna Magnani, ma tu hai sempre affermato di sentirti più Monica Vitti. Qual è il tuo ricordo di lei?
Paola Lavini: Nei concerti che porto in giro con il maestro Vince Tempera, dove interpreto sia monologhi che canzoni, eseguiamo spesso il famoso brano di Alberto Sordi “Ma ‘ndo vai se la banana non ce l’hai”, dal film “Polvere di stelle”. Ecco, io ricordo molto più la Monica Vitti comica, soprattutto in questo film dove ha voluto venir fuori dal cliché dell’attrice del cinema d’autore per far emergere il suo lato leggero, volutamente un po’ imbranato. Quella per me è Monica Vitti, e anche a me piace tirare fuori ogni tanto la mia parte spensierata, sana, da “bionda dentro”…che non vuol dire affatto stupida, anzi tutt’altro!