In una narrazione costellata di flashback e aneddoti che vanno dalla sua infanzia ai giorni nostri, Zerocalcare racconta un viaggio in treno con Sarah e Secco, suoi amici di lunga data, verso qualcosa di molto difficile da realizzare. Ogni capitolo della storia costruisce un pezzo di un mondo fatto di poche certezze e amicizie indistruttibili. E quando tutti i tasselli saranno a posto, il mosaico sarà una sorpresa per lo spettatore e per il protagonista.
“Strappare lungo i bordi” è stato presentato oggi alla Festa del Cinema di Roma. Cos’è? È il nuovo attesissimo lavoro di Zerocalcare. Quando? Dal 17 novembre. Dove? Su Netflix.
Ambientato a Casa Calcare, la maggior parte degli ambienti che si vedono negli episodi sono estremamente somiglianti all’appartamento di Zerocalcare nel quartiere di Rebibbia, dove abita. Anche il divano presente in una delle inquadrature iconiche, è stato modellato sul vero divano di Zerocalcare. Disordine compreso. Anche lo sfondo dello smartphone del protagonista di “Strappare lungo i bordi” è lo stesso del vero telefono di Zerocalcare.
Anche il tipo che oggi era in sala alla Festa del Cinema di Roma, era fatto come Zerocalcare. Era Michele Rech. Anzi no, era Zerocalcare. È lui che ha presentato i primi due episodi della serie.
Zerocalcare alla Festa del Cinema di Roma con “Strappare lungo i bordi”
«Gli episodi che andranno in onda su Netflix hanno richiesto un anno di lavoro», ha raccontato in conferenza stampa, «Sono stato aiutato da Giorgio Scorza e Davide Rosio, direttori tecnici del progetto. Ho scelto di rispettare i canoni estetici del fumetto, portandolo in un linguaggio cinematografico che potesse trasmettere il mio stile: citazioni, flashback/forward inseriti nella narrazione del “qui e ora”, quarte mura che cadono e una storia che passa dalla concentrazione sull’io alla voce corale emotiva di una commedia cinica e politicamente scorretta».
«Strappare lungo i bordi» continua Zerocalcare «nasce un paio di anni fa. Mi era venuta voglia di raccontare una storia a cartoni invece che a fumetti. Quando in pandemia ho iniziato a fare i cartoni scemi, a casa mia, come La profezia dell’armadillo, ho notato che erano più visti del fumetto.
Avevo notato anche un’altra cosa: quando mettevo le note musicali per suggerire di ascoltare certa musica mentre si legge il fumetto…ecco, secondo me uno su un milione si sarà sentito la canzone consigliata, per cui nel cartone li obbligo ad ascoltare la musica che dico io.
Le canzoni le ho scelte in base a quello che mi piace, che poi sarebbe una colonna sonora da boomer: c’è il mio mondo musicale da Tiziano Ferro a Manu Chao. Alla fine ho visto che andava. Il pezzo di Ron che abbiamo inserito, in realtà era un altro, ma l’autore c’ha pisciato e non c’ha dato l’autorizzazione. Ho passato giorni a cercare su Google canzoni struggenti italiane.
I miei limiti li ho visti con “Rebibbia Quarantine”. Per questo ho accettato di collaborare con Movimenti Production per la parte dell’animazione cinematografica: loro mi hanno aiutato dove io non sapevo come procedere. Ma mi hanno lasciato controllare tutto.
Per il resto ho lavorato sempre nello stesso modo. Disegno prima la parte piagnona, ma siccome so romano e so che esse piagnoni non se po, allora sono il primo che se prende in giro.
Ovviamente anche in Strappare lungo i bordi sono insieme alla mia tribù, perché cambiare mi spaventa: ho paura di trovarmi in situazioni che sono incompatibili con me. Per questo resto sempre dove so che posso controllare tutto, senza avventurarmi in territori sconosciuti.
Forse proprio per il fatto che devo sempre controllare tutto, faccio non solo i disegni, le storie, ma doppio pure tutti i personaggi. Un altro limite che ho imparato ad accettare è proprio questo: non posso usare la mia voce in ogni situazione. Quella dell’armadillo la fa Valerio Mastandrea.
Non avevo idea di che voce avesse, ma appena ho visto la faccia dell’armadillo con la voce di Valerio, ho capito che era la sua.
Per il resto, le mie voci nascono come le vocette sceme che si fanno a scuola. Volevo fosse come uno che quando ti racconta la storia con la sua voce, imita le parti degli altri in modo casereccio.
Per apprezzare i miei fumetti devi esse uno sta un po’ impicciato. Sai, uno di quelli con quel senso di inadeguatezza e di insicurezza che si portano dietro da quando sono piccoli. Indipendentemente da che cartoni animati hanno visto, in che quartiere sono cresciuti, che musica ascoltano, se non hanno quelle difficoltà le cose che faccio io non gli parleranno mai».