Alessandro Gassmann, alla 78ma Mostra d’Arte Internazionale Cinematografica di Venezia come regista, domenica era per la prima volta su Clubhouse. La room Camera con Vision si è affacciata sul suo ultimo film, “Il silenzio grande”.
«Il silenzio è una brutta malattia. Comincia piano e poi cresce», recita Bettina, la bravissima Marina Confalone. È questo il silenzio grande. Presentato a Venezia78 alle Giornate degli Autori, “Il silenzio grande” è un testo voluto da Alessandro Gassman per il teatro, la cui sceneggiatura era stata affidata a Maurizio De Giovanni.
«Ho sempre pensato che l’opera teatrale di De Giovanni rivelasse forti radici e potenzialità cinematografiche. Sperimentata a teatro, ci ha regalato emozioni indimenticabili ed ora, finalmente, diventa il mio terzo lungometraggio da regista», racconta Alessandro Gassmann.
«In questo film parliamo di famiglia, di cambiamenti inevitabili, del tempo che passa, e lo facciamo alla metà degli anni Sessanta a Napoli, a Posillipo, con una famiglia che dovrà affrontare una vita diversa da quella agiata vissuta fino a quel momento. “Il silenzio grande” è un film di luci ed ombre, di silenzi e di esplosioni di parole, di risate, visioni, angosce, dove tutti parlano e nessuno veramente ascolta».
“Il silenzio grande”, il nuovo film di Alessandro Gassmann con Margherita Buy e Massimiliano Gallo
Per la trasposizione cinematografica, allo sceneggiatore Maurizio De Giovanni si sono uniti Andrea Ozza e lo stesso Gassmann.
Su Clubhouse, la room di Vision Distribution ha ospitato parte del cast: oltre ad Alessandro Gassmann, Massimiliano Gallo – in diretta mentre pedalava nelle acque del golfo di Napoli – e Margherita Buy – a cavallo di una bicicletta più tradizionale al telefono dal parco romano di Villa Borghese.
Alessandro Gassmann parla del suo film presentato a Venezia 78
«”Il silenzio grande” è la mia terza regia e forse è il film che mi rappresenta di più», dice Alessandro Gassmann. «È anche quello che da spettatore sarei felice di vedere. È un tentativo, in un momento caotico dove tutti si insultano, di presentare un film che vuole essere una carezza, con persone che vorremmo abbracciare in un momento in cui sentiamo il bisogno di tornare ad abbracciare.
Il film arriva da un lungo viaggio, dal teatro. Avevo chiesto a Maurizio De Giovanni una storia sui silenzi che ci portiamo dentro. Dopo l’esperienza teatrale, interrotta dal covid, ho pensato che il mezzo cinematografico fosse ancora più adatto a raccontare il silenzio, anche se Il silenzio grande resta un film teatrale nella sua struttura. È un film che parla del silenzio come insieme di cose non dette, che possono però essere le più importanti.
Sono figlio di un padre silenzioso e i silenzi mi piacciono: quei silenzi che mi consentono di ascoltare e di osservare. Quelli che cita Bettina sono i silenzi pieni di non detti. Ci sono silenzi salvifici e altri spaventosi, drammatici, come quelli della nostra storia.
Vogliamo raccontare l’importanza di parlare di ciò che non si ha il coraggio di dire. Quell’insieme di cose taciute, soprattutto ai propri cari, che poi rischiano di creare una distanza incolmabile. Un vuoto col quale ti ritrovi a fare i conti alla fine della tua vita.
Ho la fortuna di avere una moglie che parla molto, mentre io do risposte brevi e concise. I miei non sono silenzi per mancanza di cose da dire, ma perché preferisco ascoltare. Per lavoro vivo immerso tra le persone, in ambienti dove si parla in continuazione: quando posso, preferisco vivere lontano da tutto questo.
Nonostante le apparenze, non volevo un film autobiografico: c’è sì la figura di questo padre importante, ma è una famiglia completamente diversa dalla mia. Questa è una famiglia unita, la mia è stata una famiglia complessa. Mio padre ha avuto tre matrimoni e quattro figli. Il padre della storia è ingombrante, il mio era una grande ombra sotto la quale ripararsi. Era un uomo intelligente.
Un elemento importante sono i libri. Le persone assomigliano ai libri è una battuta del film. Da una vita sogno la libreria della villa dove abbiamo girato. Ho un amore fisico con i libri, tipico della mia generazione. Trovo siano tra gli oggetti più belli esistenti e non amo leggere sui tablet».
Le parole di Massimiliano Gallo
«Avevo già recitato il ruolo di Valerio Primic, il padre, in teatro, ma questa è stata una lavorazione particolare», racconta Massimiliano Gallo. «Abbiamo tolto tanto, nel percorso cinematografico, del testo teatrale: sono due linguaggi diversi. Quello che mi ha aiutato nel passaggio è stata la protezione da parte di Alessandro. Essendo attore, ha la capacità di capire le fragilità di noi attori. È stata una carezza anche per noi che lo abbiamo interpretato. Abbiamo girato durante il secondo lockdown, quando la Campania era zona rossa e, per andare sul set, attraversavamo una Napoli deserta. Rivederlo sullo schermo è stato un’emozione anche per noi.
Girare tutto il film in interni, sempre nella stessa casa, ci ha dato tranquillità in un momento in cui lavorare non è stato semplice.Il mio personaggio, Valerio, è un padre ingombrante, che pensa di aver restituito alla famiglia, col suo lavoro, tutto quello che aveva tolto loro in termini di tempo e di attenzioni. Poi si accorge del vuoto creato nel corso degli anni dai silenzi.
A differenza del padre di Alessandro, il mio è stato un padre abbastanza rumoroso. I nostri, sono stati due padri importanti, che ci hanno aiutato nel racconto non perché somigliassero a Valerio, ma perché conosciamo le dinamiche che si innescano con i padri impegnativi».
Margherita Buy: Rose è una donna alle prese con un radicale cambiamento
«Rose è una tipica donna degli anni Sessanta, che affronta un momento doloroso perché non possono più permettersi di mantenere quella casa». Margherita Buy descrive così il suo personaggio. «Affiorano le incomprensioni col marito, ma anche il grande amore che prova per lui. Una donna alle prese con un radicale cambiamento nella propria vita.
Come regista, Alessandro è una persona che sa quello che vuole, sa parlare con tutte le maestranze, ha in mano la situazione e ti infonde tranquillità. Hai la sensazione di essere tutelato in un lavoro che a volte è complicato. Davanti a passaggi complessi da restituire sul piano emotivo, sentivo la sua presenza e la sua guida.
Sono una persona riservata. Ho un lavoro che mi costringe a parlare spesso e, se posso, evito di raccontare troppo di me. Vengo da una famiglia complicata. I miei dovevano separarsi due giorni dopo il matrimonio. Così non è stato e hanno costretto noi figli a vivere ascoltando cose che ai bambini andrebbero risparmiate. Questo mi ha reso sospettosa nei rapporti umani. Mi trovo bene nel personaggio del film: i buchi nella comunicazione mi appartengono».
“Il silenzio grande”, prodotto da Paco Cinematografica in collaborazione con Amazon Prime Video, SKY e Rai Cinema, distribuito da Vision Distribution, sarà al cinema a partire dal 16 settembre.
Per la foto di apertura credits: Riccardo Ghilardi©