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Guglielmo Poggi: «Da allievo di Proietti a figlio di un padrino che viene mandato a “School of Mafia”»

Guglielmo Poggi, intervista all'attore nel cast di "School of Mafia"
Costruisci un’azienda: è di famiglia, è “Cosa Nostra”. Dedichi tutta la tua vita a scalare quella “cupola”, a salire di grado. Sai che un giorno il posto dei padri(ni) sarà dei figli. Ma se quei figli volessero fare altro? L’insegnante di danza, il cantante rock o, addirittura, il poliziotto? Forse puoi provare a mandarli in una “School of Mafia”.

“School of Mafia”, ora al cinema, è la nuova divertente commedia di Alessandro Pondi, con Giuseppe Maggio, Guglielmo Poggi, Michele Ragno, Emilio Solfrizzi, Fabrizio Ferracane, Paolo Calabresi, Maurizio Lombardi, Giulia Petrungaro, Giulio Corso, Mario Pupella, Tony Sperandeo, Monica Vallerini, Gianfranco Gallo, Paola Minaccioni  e Nino Frassica.

Uno dei tre ragazzi della nuova generazione di padrini è Guglielmo Poggi (Joe Cavallo). Classe 1991, romano, diplomato presso l’Accademia Corrado Pani e il Centro Sperimentale di Cinematografia, ha fatto cinema, teatro e televisione. Lo abbiamo già apprezzato in film come “Gli uomini d’oro“, “Bentornato Presidente”, “Beata ignoranza”, “L’estate addosso”.

È stato protagonista, insieme a Sergio Castellitto, nel film di Valerio Attanasio “Il tuttofare”, ruolo che gli è valso il premio Miglior attore esordiente ai Nastri d’Argento. A dicembre 2020 l’abbiamo visto su Sky nei panni di Tommaso, un centralinista omosessuale in “Cops – Una banda di poliziotti” di Luca Miniero. Da poco  terminate le riprese della seconda stagione, tornerà in autunno su Sky Cinema.

Ho letto che suona otto strumenti

Guglielmo Poggi: Li trovo un buon metodo contro la depressione. Il pianoforte è l’unico strumento che ho studiato con il pentagramma. Gli altri li ho imparati da autodidatta. Ho un orecchio relativo che mi aiuta. Suono chitarra, basso, pianoforte, ukulele, benjio e armonica.

Ha lavorato con Alessandro Gassmann. Entrambi figli d’arte. Alessandro fu obbligato a recitare da suo padre. Lei?

Guglielmo Poggi: Per me è stato il contrario. I miei sono stati sempre di supporto, ma all’inizio mi hanno consigliato di vedere se c’era qualcosa che mi piacesse di più. Alla fine l’ho scelto perché era la cosa che mi veniva meglio. In realtà avrei voluto fare la rockstar. 

Molti la conoscono come un attore leggero. A teatro ha fatto “Persone naturali e strafottenti”, di Patroni Griffin, con la regia di Giancarlo Nicoletti. Quindi ha due anime, perché non era un ruolo leggero…

Guglielmo Poggi: Anche nel “Romeo e Giulietta” di Proietti avevo un ruolo drammatico. Era una mia riduzione dove recitavo venti personaggi.

Ma poi è approdato alla commedia…

Guglielmo Poggi: Ho individuato dove c’era spazio per me. Non penso ci sia una grande distinzione tra commedia e tragedia se conosci le tecniche di base. Quando ho fatto “Il tuttofare” con Sergio Castellitto, era un testo comico che ho trattato come una tragedia. Le cose che succedono al mio personaggio, non le auguro neanche alle mie ex con cui ho rotto nel modo peggiore. Di base la comicità fa ridere quando un signore anziano cade da una scala: in fondo si ride di una tragedia.

Guglielmo Poggi, intervista all'attore nel cast di "School of Mafia"
Photo Credits: Davide Musto©

Pupi Avati ha fatto recitare Pozzetto in un ruolo umano e commovente. Forse i comici, se ben diretti, possono calarsi in un ruolo drammatico, ma faccio fatica a pensare all’inverso…

Guglielmo Poggi: Gigi Proietti ci diceva sempre «a fa’ piagne semo boni tutti».

Proietti è stato il suo maestro. Lei era al Globe per l’ultimo saluto. Osteggiato in vita,  da morto erano tutti lì a compiangerlo. Le viene in mente una frase che avrebbe detto guardandoli tutti quanti dall’alto?

Guglielmo Poggi: Se al posto di Gianmaria Volonté ci fosse stato Gigi Proietti, avrebbe avuto un successo enorme: come attore, musicista, cantante, doppiatore, ballerino, mimo. Parliamo di un uomo che, per le capacità performative, è stato uno dei più grandi di questo Paese. Siccome non è mai stato diretto dalla Wertmüller, non è stato l’attore feticcio di Fellini, si è fatta strada questa storia che Proietti cercava il successo popolare.  Al di là di “Edmund Kean”, inarrivabile, gli ho visto fare delle cose di livello altissimo. Era un uomo di grande spessore culturale. Farlo passare come quello che faceva due pernacchie, che amava il popolo, è riduttivo. Ha ricevuto un ventesimo di quello che ha dato. Molti lo ricordano per le barzellette, ma Proietti è stato “Il” teatro. Proietti è stato grandissimo cinema. Un grandissimo attore che ha raccolto meno di tanti altri. Quando al funerale hanno tutti ricordato il maestro e l’amante del popolo, probabilmente avrebbe detto «’sti gran fiji de na mignotta». 

Guglielmo Poggi, intervista all'attore nel cast di "School of Mafia"

Il Globe era il teatro che Proietti ha voluto per Shakespeare. Ora ospita anche spettacoli politici. Pensa che Gigi continui ad essere tradito?

Guglielmo Poggi: Non so come si sarebbe sentito, ma era un uomo talmente buono che probabilmente avrebbe perdonato tutto.

La gestione del Globe, oggi, credo sia più un peso che una fortuna. Sarà difficile continuare a fare un teatro che era popolare nei prezzi e, al contempo, di altissima qualità. Vediamo cosa accadrà con le nuove giunte. Se diventa un altro covo di intrallazzi dei teatri stabili, è una tragedia. Soprattutto per chi come me ha amato quel teatro. Vedere adolescenti seduti in terra a guardare lo spettacolo, è una cosa non comune. 

Guglielmo Poggi, intervista all'attore nel cast di "School of Mafia"
Photo Credits: Davide Musto©

Sono anni che spopolano “Suburra” e “Gomorra”. “School of Mafia” ricorda più “I Soprano”…

Guglielmo Poggi: Io sono stato un fan di “Romanzo criminale”, ma l’errore principale che fanno serie come “Gomorra” e “Suburra” è mettere i criminali su un piedistallo. Mi auguro ci sia spazio per tutti e due questi generi, anche se vorrei ci fossero più School of mafia. I criminali che raccontiamo noi, sono i mafiosi che hanno fatto le stragi in questo Paese. C’era una mafia che aveva, a modo suo, dei valori. Poi è arrivata quella che non ha rispettato più nessuna regola, neanche le donne e i bambini. Fatta di cretini, di ignoranti orrendi, interpretati con simpatia da Emilio Solfrizzi, Fabrizio Ferracane, Paolo Calabresi, Nino Frassica. Persone che vogliono regalare a tutti costi l’Alabama, ma non sanno dove sia. È il contrario di mettere sul piedistallo un criminale. Noi non li umanizziamo, li rendiamo talmente paradossali che riesci a riderne. Sul fascino del criminale mi fermo a “Taxi Driver” e “Vallanzasca”. “Suburra” e “Gomorra” sono prodotti ben fatti e venduti in tutto il mondo, ma non mi dispiace dare anche un contributo diverso.

Guglielmo Poggi, intervista all'attore nel cast di "School of Mafia"
Photo Credits: Francesca Fago©

Il rischio del cinepanettone era alto…

Guglielmo Poggi: Sì, ma c’è una nuova scuola di sceneggiatori, come il nostro Paolo Logli, e registi, come Alessandro Pondi, che prendono attori creativi. Pondi ha avuto l’intelligenza di fidarsi e affidarsi ad attori di esperienza. Il compito di noi tre giovani era quello di narratori del mondo assurdo nel quale ci troviamo. Questo tipo di struttura ci salva dal cinepanettone. Lì tutto deve far ridere. Io non ho neanche ragionato in termini di commedia. Sarà che avevo il personaggio più serio tra tutti… Giuseppe Maggio, Michele Ragno e io, siamo tre ragazzi catapultati in una realtà paradossale, nella quale cerchiamo di sopravvivere. Questo meccanismo sul piano narrativo, ci ha salvati dagli eccessi: Alessandro Pondi, poi, ogni volta che ci si spostava verso una comicità troppo da gag, ci riprendeva.

Guglielmo Poggi, intervista all'attore nel cast di "School of Mafia"
Photo Credits: Francesca Fago©

Siete tre ragazzi giovani. Non vi ha spaventato lavorare con Nino Frassica, con quel tipo di comicità molto improvvisata, caricaturale?

Guglielmo Poggi: Dopo Sergio Castellitto non ho paura di lavorare con nessuno. Nemmeno del demonio. Sergio fa tantissimi ciak ogni volta diversi, sempre migliori, per cui  mi sentivo abbastanza preparato. Laddove le dinamiche della sceneggiatura sono chiare, improvvisare non è un problema. Sicuramente c’era un discorso di linguaggio e intonarsi a quella di Frassica può essere complicato. Ma c’è stata fiducia tra me e il regista.

Uno dei motivi per cui spesso ai provini mi hanno scartato, è perché io non mi tengo un cecio in bocca. Quando c’è stata l’occasione, mi sono interfacciato con Frassica, ho provato a ridare alcune battute in modo diverso a Solfrizzi. Mi piace talmente tanto il mio lavoro, che se posso contribuire lo faccio volentieri. Dare il centodieci invece del cento percento, è la grande lezione di Gigi. Per due mesi di prove, in teatro, non mi ha fatto un complimento: sembrava che stessi facendo un disastro. Quando ho ricevuto applausi a scena aperta, ho capito perché. L’unica cosa che ti salva dall’essere guitto e sciatto, è dare il centodieci percento. In quest’operazione lo abbiamo fatto. 

Guglielmo Poggi, intervista all'attore nel cast di "School of Mafia"
Photo Credits: Francesca Fago©

Visto che da ragazzino voleva fare la rockstar, almeno qui gliela potevano far fare…

Guglielmo Poggi: È vero… l’ho detto a Pondi di non farmi fare il poliziotto ma la rockstar. Ma è stato cocciuto…

In Cops, lei fa un centralinista gay. Da mesi si discute sul ddl Zan. La commedia è un modo per abbattere i muri che la politica alza?

Guglielmo Poggi: Il centralinista omosessuale che interpreto è stata una grande trovata di Luca Miniero: è uno che soffre di manie di persecuzione. È convinto che tutti ce l’abbiano con lui perché è gay. Noi scherziamo su un problema serio, un enorme problema culturale che va aldilà del ddl Zan. Incontro pochi ragazzi sotto i diciott’anni che hanno pregiudizi. Trovo invece assurdo che ancora se ne debba discutere a livello politico.

Il politicamente corretto, quanto sta imbavagliando il giullare che una volta era l’unico che poteva permettersi di dire la verità anche al re?

Guglielmo Poggi: Ho visto commedie con battute cattive che non davano fastidio a nessuno. Confondere una battuta con il suo significato, è un errore da popolo ignorante. Non credo che il politicamente corretto sia una forma di cultura, ma di ignoranza. È giusto non fischiare a una donna per strada come fosse un gatto. E non credo che un fischio abbia mai portato a una grande storia d’amore. Ma il fatto di non poter parlare altrimenti tutti si offendono, abbassa quella tolleranza che è fondamentale: è importante crescere sentendo in un film, con un linguaggio comico e paradossale, parole che nella realtà non dovresti usare. Non capire la differenza tra una battuta e un’offesa, è un problema culturale.

Quello che il politicamente corretto non comprende, è che si può parlare di qualsiasi cosa , anche di un tabù, affrontandolo con il riso. L’imperatore Augusto era uno che imponeva che a tavola se ridesse di qualunque cosa, anche di lui. 

Guglielmo Poggi, intervista all'attore nel cast di "School of Mafia"
Photo Credits: Francesca Fago©

Ha lavorato con Libero Di Rienzo in “Smetto quando voglio”. Che ricordo ne ha?

Guglielmo Poggi: Io e Picchio ci siamo visti alcune volte, ma non è nata una vera e propria amicizia. Ma lo smarrimento che ho provato per la morte di Gigi, l’ho sentito anche per la morte assurda di Picchio. Se ne è andato, forse, il talento più cristallino della sua generazione. Uno dei pochi in grado di esser nazional popolare e al contempo raffinatissimo ed elegante. Danzava sulla recitazione. Come ho suggerito a U.N.I.T.A., bisognerebbe fargli intitolare un’accademia. Quando ho visto “Santa Maradona” ho detto «Io voglio fare questo nella vita». La sua interpretazione di Bart non ha nulla da invidiare a quella di premi Oscar. Abbiamo condiviso un film cruciale per entrambi e, nonostante ci si conoscesse poco, c’era affetto e credo sia venuto meno uno dei migliori. Magari altri hanno fatto più strada, ma Picchio era così, libero, come il suo nome. Se ne è andato un esempio e l’unica cosa che si può fare è conservare un ricordo dell’artista straordinario che era e stringersi attorno alla moglie e alle figlie.

La foto di apertura è di Davide Musto©

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