Viki Angelini, classe 2002, è un ex studente del liceo Galileo Galilei di Civitavecchia ed è una persona transgender e non binaria. Non si definisce né uomo, né donna, a prescindere dal genere alla nascita. Il suo sogno? Lavorare all’Onu per la difesa dei diritti umani.
Circa un mese fa, il quotidiano Repubblica parla per la prima volta di Viki Angelini. Incuriosita, leggo la notizia: «Sono uno studente transgender. Dopo la maturità voglio battermi per i diritti umani».
Un tema di stretta attualità, e soprattutto l’occasione per capire da vicino, dalla voce di chi queste battaglie le vive sulla propria pelle, cosa significhi dichiarare apertamente il proprio sentirsi una persona non binaria, il non riconoscersi in alcuno dei due sessi. Soprattutto se si hanno solo 19 anni, e in una società come la nostra, apparentemente evoluta ma ancora ben salda su certe distinzioni e discriminazioni.
Ho quindi deciso di intervistare Viki, e di intraprendere con i nostri lettori un viaggio alla scoperta di un mondo ancora poco conosciuto, per cercare di fare chiarezza sull’identità di genere e sulla sua rappresentazione nella società odierna.
Come ti racconteresti come persona?
Viki Angelini: Sono un ex studente, ho da poco finito il liceo linguistico Galileo Galilei di Civitavecchia. Sono una persona non binaria che nel suo piccolo cerca di battersi per i diritti umani. Sono molto impegnato nel sociale, ho deciso infatti di tesserarmi all’Area degli Studenti Medi, un sindacato studentesco. Cerco di impegnarmi in molte iniziative: all’inizio di quest’anno per i problemi scolastici legati al Covid, e per il mese del Pride con diverse manifestazioni.
In una società che fa del binarismo uno dei suoi punti chiave, quando e come hai scoperto che esisteva anche l’identità di genere non binaria e che ti identificavi in essa?
Viki Angelini: Ho capito di essere una persona non binaria di recente, a dicembre scorso per l’esattezza. È stata come un’epifania, anche se probabilmente era una cosa che sentivo già da tempo. Credo che la quarantena, il fatto di dover stare sempre dentro casa e non vedere le altre persone mi abbia un po’ stimolato a mostrarmi in modo diverso. Ho cambiato totalmente aspetto, stile, rispetto al periodo pre pandemia. Diciamo che sperimentare con la mia immagine mi ha portato al culmine, a capire che non mi identifico né nello spettro femminile, né in quello maschile.
Ci racconti dal tuo punto di vista il genere maschile ed il genere femminile?
Viki Angelini: Viviamo in una società molto improntata sul binarismo di genere, con tutti gli stereotipi che ne conseguono: una donna dev’essere in un certo modo, un uomo deve possedere certe caratteristiche. E questi stereotipi li ho sentiti molto sulla mia persona: sono nato di genere femminile, e non mi ci rispecchiavo per niente. Questo non equivale a dire che tutte le donne sono schiave di questi stereotipi, però personalmente ho preferito distaccarmene. Sentivo di non potermi rispecchiare nella definizione di donna, né tantomeno in tutte le aspettative della società sulla mia persona.
Viviamo poi in una società apparentemente aperta e disponibile, dove prevalgono però ancora discriminazioni. Quali sono i tuoi sogni, le tue ambizioni, in un mondo così nettamente diviso?
Viki Angelini: Sicuramente mi piacerebbe che non ci fossero più queste distinzioni nette fra maschio e femmina, a partire dal vestiario fino alle cose più banali. Ad esempio nei supermercati troviamo le confezioni di penne per le femmine e penne per i maschi, e altre cose che trovo veramente assurde. Ogni persona dev’essere libera di esprimersi come meglio crede, quindi non deve esserci nessun tipo di discriminazione per quanto riguarda la sessualità, il colore della pelle, la provenienza, la lingua che si parla. Sogno una società libera a tutti gli effetti.
So che uno dei tuoi sogni è entrare a far parte dell’Onu per poter difendere i diritti umani. A questo punto ti vorrei chiedere cosa ne pensi dell’attuale caso dell’Ungheria e della legge contro la LGBTQA+.
Viki Angelini: È una situazione abbastanza complicata, perché l’Ungheria – come anche la Polonia – sono dei paesi molto chiusi, che si vantano di avere delle zone “LGBTQI+ free”, paesi in cui non esiste alcuna comunità, e ne fanno il loro cavallo di battaglia in politica.
È inaccettabile dover vedere queste discriminazione ancora oggi. Come agiresti, se ne avessi la possibilità?
Viki Angelini: Sarebbe importante che tutti i paesi della Comunità Europea, compreso il nostro, esprimessero il loro dissenso riguardo la legge anti LGBTQI+. In Italia invece la Lega e Fratelli d’Italia appoggiano la politica omofoba e transfobica di Orban. Secondo me c’è bisogno di una rivoluzione culturale sul tema dei diritti civili e sulla percezione di queste minoranze, anche perché poi è questo che porta i politici a prendere le difese di questo tipo di leggi, che sono assolutamente dannose.
Con il tuo coming out ci sono state delle difficoltà da dover affrontare tra i tuoi coetanei o tra gli adulti?
Viki Angelini: Ho dovuto fare due tipi di coming out, per quanto riguarda la mia sessualità e la mia identità di genere. Con la mia sessualità ho avuto un po’ più di problemi, sono lesbica e ne sono a conoscenza da circa cinque anni. C’è uno stigma, la comunità lesbica viene feticizzata molto, anche per colpa dell’industria pornografica, per cui molti uomini nutrono un interesse morboso per le donne lesbiche per motivi abbastanza viscidi. C’è chi mi ha anche chiesto insistentemente se fossi sicuro della mia sessualità, se mai avrò degli interessi per il genere maschile, domande invadenti che non fanno assolutamente piacere. Per quanto riguarda l’identità di genere lo so da relativamente poco, quindi i coming out che ho fatto sono sempre stati con persone con le quali mi trovavo a mio agio. Non ho ancora riscontrato problemi, e di questo sono contento.
Hai frequentato una delle poche scuole nel Lazio ad aver adottato la carriera alias. Da questo punto di vista sei stato quindi fortunato. Domani però dovrai affrontare il mondo del lavoro, in cui anche a causa della burocrazia sarà inevitabile doverti classificare. Come intendi batterti per questo? E come pensi di gestirlo?
Viki Angelini: Come molte persone trans, sui documenti il mio nome rimarrà quello che è, perché ancora non li ho cambiati. Il massimo che potrò fare è comunicare a voce al mio capo e ai colleghi di usare certi pronomi ed il nome che utilizzo adesso.
Siamo ancora soggetti a discriminazioni e mentalità chiusa, come immagini il tuo futuro in questo mondo?
Viki Angelini: Sicuramente sarà abbastanza difficile. Fino adesso sono stato uno studente, quindi il mondo reale “non lo sto ancora vivendo”, ma con l’avanzare degli anni troverò molte più difficoltà.
Ed infine, perché credi sia importante parlare di questo tema e spiegare a tutti di cosa si tratta?
Viki Angelini: Più un argomento viene trattato, più se ne parla, e più le persone riescono a capire un nuovo lato della società. Ad esempio ora le persone gay sono abbastanza accettate rispetto a 20 anni fa. Grazie alle lotte, ai Pride, la situazione si sta normalizzando. Adesso noto che si affronta di più anche il tema della transessualità, e quindi probabilmente a lungo andare anche la questione delle persone non binarie si normalizzerà. È importante parlarne, dibattere su questi argomenti, e far parlare chiaramente le persone che vivono la transizione o fanno parte della comunità in prima persona. Siamo le uniche persone che possono veramente capire cosa passiamo, cosa succede, quali sono i termini giusti da utilizzare.