Si intitola “Lauro” il sesto album di inediti di Achille Lauro, che uscirà domani, 16 aprile, e che l’artista ha presentato oggi nel corso di una conferenza stampa.
Anticipato dai due singoli “Solo noi” e “Marilù”, usciti rispettivamente il 19 febbraio e il 19 marzo, arriva domani il nuovo, attesissimo album di inediti di Achille Lauro. Un lavoro che porta come titolo semplicemente il cognome dell’artista.
Racconta la storia dell’artista, dall’infanzia all’ultimo Sanremo. “Lauro”, il sesto album di inediti di Achille Lauro, uscirà domani 16 aprile per Elektra Records/Warner Music Italy. Un album punk rock, grunge, dove parla al mondo degli irrisolti, dei fuori rotta, dei falliti. L’album alterna il racconto di vite, storie d’amore, riflessioni sul bene, sul male e ciò che sta nel mezzo.
Achille Lauro presenta il suo nuovo album
«Il 2020 è stato un anno difficile, che ci ha costretti a stare chiusi nelle nostre case. Io ho cercato di fare di questo disastro qualcosa di buono», esordisce Lauro. «Scrivo tanto, quando ho qualcosa da dire la dico, e mi sono trovato ad avere un centinaio di brani. Dopo 1920 e 1990, che erano progetti side dell’album 1969, questo album rappresenta veramente me stesso.
Come tutti i miei progetti, anche il nuovo album Lauro è nato spontaneamente, da sensazioni, da stati d’animo, che riesco a fotografare. Ed anche questo album, come tutte le cose che faccio, ha varie chiavi di lettura. La performance non è solamente mettersi un costume e una parrucca e salire sul palco, quella è solo la punta dell’iceberg. Sono ossessionato dai dettagli, e prima di far uscire qualcosa lo metto in discussione cento volte.
Sono cresciuto in una comune dove c’era di tutto, artistoidi, delinquenti, disgraziati di tutti i tipi. Tra loro c’era sempre qualcuno che scriveva molto bene, e quindi prima di pubblicare qualcosa mi sono abituato a chiedermi sempre se sia perfetta».
La cover del disco, una metafora della vita
In netto contrasto con tutto che Lauro ha fatto in questi ultimi anni, dai Sanremo ai dischi precedenti, la cover del nuovo album è una assolutamente minimalista.
«È una tela, prima di tutto, un mio quadro, anzi una serie di quadri, ognuno con una lettera in più», spiega Lauro. «È la metafora della vita: il gioco per bambini che rappresenta un impiccato. Un gioco dove non può esserci tutto il nome completo, perché altrimenti rappresenterebbe una fine, intesa in tanti sensi.
La O rossa è la scelta di proseguire: non è la fine si via avanti. È rifiutare una fine.
Ogni lettera è associata a dei generi musicali, quelli che ho incarnato a Sanremo, che hanno rappresentato qualcosa nella mia crescita artistica e portano con sé dei concetti molto forti.
La L rappresenta il rock, un genere che mi ha ispirato, rappresenta la scelta di essere, è un manifesto di libertà. Il rock per la storia dell’umanità ha rappresentato la sessualità, la sensualità, la voglia di rinascere. È la parte spensierata del disco.
La A è pop music, che in Italia diversamente che nel resto del mondo è poco considerata, vista come una cosa frivola. Rappresenta gli incompresi, e a Sanremo dicevo “Dio benedica gli incompresi”. Le colonne della musica mondiale invece sono diventate pop, il pop è la musica nel mondo.
La U è il punk rock, l’icona della scorrettezza, l’anticonformismo, il non seguire sempre e solo quello che funziona. La musica ha risentito della globalizzazione, le classifiche estive sono tutte uguali, la musica popolare va scomparendo. I ragazzi di oggi non guardano più cosa vogliono o possono fare, ma quello che funziona, e lo evocano. Per questo il punk rock è così importante.
Io ho fatto sempre tutto il contrario di quello che si aspettano da me, da outsider. Quando ho deciso di portare Rolls Royce a Sanremo mi dicevano che non avrebbe mai funzionato. Tutte le mie scelte artistiche sembrano sempre azzardate. La mia fortuna è aver trovato persone che mi hanno sempre dato fiducia, a partire dalla mia discografica, ad Amadeus e Fiorello.
La R è classic orchestra. Per me gli elementi di orchestra sono solisti che insieme vanno a formare la grande opera. Quello che accomuna tutti noi».
Il mondo di Achille Lauro
La musica ha un valore immenso, ma dietro c’è qualcosa di ancora più grande, spiega Lauro.
«Sono fissato sul fatto che la musica abbia un colore, che le canzoni si guardino, oltre ad ascoltarle. Per questo, quando scrivom ho delle immagini che voglio portare a chi ascolta. Da qui nasce anche la mia costruzione del vestito, del video, della cover sulla canzone. Ho letto tante stupidaggini riferite a me: “è un modello di Gucci, è un prodotto di marketing”, perché le persone tendono sempre a dare una spiegazione propria.
Invece io non dormo la notte, mi sveglio presto, sono ossessionato, perché amo quello che faccio. Amo immaginare un progetto e poi toccarlo con mano.
Nel mio team ci sono persone, selezionate negli anni, che amano quello che fanno. Non mi piace chiamare quello che facciamo “Arte”, né “Poesia”. Siamo artigiani che hanno costruito tutto mattone per mattone, concependo il fallimento come possibilità, anzi, proprio grazie ai fallimenti siamo riusciti a diventare quello che siamo oggi».
Lauro risponde alle critiche
«Tutti quelli che pensano che dietro ci sia solo “un’operazione di marketing” non hanno capito nulla. Dovrebbero passare qualche giorno con noi, per vedere quanto studio c’è dietro alle canzoni, ai testi, a tutto il resto. È difficile far capire alle persone i sotto strati di tutto quello che c’è dietro.
Chi ha avuto la possibilità di vedere più da vicino come lavoriamo, lo ha capito. Sono contento del percorso a Sanremo, perché ho avuto l’occasione, da outsider, squinternato, disgraziato, come mi avevano etichettato, di dimostrare cosa c’è dietro.
Tutto quello che abbiamo realizzato fino ad oggi lo abbiamo fatto investendo tutto quello che avevamo, senza appoggio economico da parte di nessuno. E qui vorrei aprire una parentesi su tante stupidaggini che ho letto su di me e sulla mia famiglia. Mio padre ha fatto il professore universitario tutta la vita, insegnava diritto del lavoro. Negli ultimi due anni ha fatto carriera per merito. Sono figlio di gente onesta e l’ho sempre detto in tutti i miei album. La mia voglia di arrivare a quello che sono oggi, il mio saper fallire e andare avanti senza guardare in faccia nessuno, viene proprio dal fatto che la mia fosse una famiglia di persone oneste, e forse non hanno ricevuto ciò che sarebbe spettato loro».
«Mi hanno detto che quello che faccio potrebbe essere compreso meglio se togliessi di mezzo il mio personaggio. Cosa dovrei fare? Cercare di fare successo eliminando quello che sono io? Io sono questo e continuerò a fare questo.»
Le canzoni del nuovo album di Lauro
«Questo disco nasce in maniera spontanea, io scrivo molto, non solo canzoni. Molte frasi sono riflessioni su di me, sull’amore corrisposto o non corrisposto, sul cinismo, sui sogni. Guardo al passato con malinconia e al futuro come un grande sognatore, non vivo il presente. A volte non scrivo per 6 mesi, poi in tre giorni scrivo due album.
Le canzoni sono 13 facce di me, a cui tengo molto, e vi chiedo di averne cura. Non mi interessa che tutti ci si rispecchino, ma vorrei che fossero prese con la giusta considerazione.
Il disco si divide in due macro aree, che rappresentano il mio carattere. Una introspettiva, che descrive bene la tempesta dell’anima di tutti, in questo caso la mia. L’altra più punk rock grunge. Un lato A e lato B.
In Generazione X fotografo la mia generazione, che è molto simile alla generazione degli anni a cavallo degli anni 1965/1980. Gente che non crede nella religione, nel matrimonio, nemmeno in sé stessa e in chi li ha preceduti.
Il problema più grande della mia generazione è non sapere chi vorranno essere. vivono per l’oggi e basta, non fanno programmi per il futuro. Una generazione dipendente dalla tecnologia.
Femmina è una canzone rara, perché parla del maschio che si nasconde dietro la virilità. Mostra quel limite culturale per cui gli uomini non sono istruiti al rispetto della figura femminile, non sono preparati culturalmente. Una sfumatura molto pericolosa, specialmente nelle periferie estreme dove sono cresciuto. Sono un po’ allergico a quel mondo. La mia fortuna è stata crescere non solo con coetanei, ma anche con gente molto più grande di me, e guardandoli mi sono reso conto che non volevo diventare così.
Non rinnego nulla del mio passato, di chi sono stato e di dove sono cresciuto. Roma è una città grande, dove la gente vive un senso di abbandono. Una città un po’ decadente ma poetica, che regala tanto. Non a caso Rino Gaetano, Mannarino, Coez, e tanti altri cantautori sono nati o cresciuti a Roma, senza togliere nulla alle altre città. O Franco Califano, una persona che ha messo le emozioni nei propri brani.
Perciò ringrazio tutto quello che è stato, la periferia dove sono cresciuto. Se non ci fosse stato quello, non sarei cresciuto e non sarei arrivato a questo punto».