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Clint Eastwood, i 90 anni del maestro che narra di “eroi” traditi dalla vita

Da attore per Sergio Leone ad autore di capolavori come “Million Dollar Baby” e “Gran Torino”: di poche parole e rara sensibilità, un repubblicano che non sopporta Trump ed è contro i pregiudizi.

Oggi compie 90 anni Clint Eastwood: attore, regista, sceneggiatore e compositore di colonne sonore dalla carriera tra le più stupefacenti nella storia del cinema.

Regista che sa dirigere con rara bravura attrici e attori, ama raccontare le persone comuni, le loro battaglie, le ingiustizie subite, la battaglia continua per sopravvivere. Clint Eastwood è un grande, è andato ben oltre l’attore dagli occhi di ghiaccio con tre espressioni, come disse Sergio Leone, ovvero con sigaro, con cappello, senza cappello.

Per il regista italiano interpretò l’intera trilogia spaghetti western: Per un pugno di dollari, scelto perché James Coburn costava troppo, Per qualche dollaro in più, Il buono e il brutto e il cattivo. Opere epocali, con musiche di Ennio Morricone, su cui nessuno scommetteva e che occuparono l’immaginario di tutto il mondo.

Clint Eastwood in “Per un pugno di dollari” (1960)

Dagli spaghetti western ai capolavori da Oscar

Dopo film negli anni ’70 e ’80 come L’uomo nel mirino del 1977 e Coraggio fatti ammazzare del 1983, nel 1993 il suo Gli spietati ottenne due Oscar. Con I ponti di Madison Country del 1995 e una strepitosa Meryl Streep canta dell’amore totale e del rimpianto per quanto poi non è diventato un rapporto per la vita. Nel suo ultimo film come attore, The Mule, interpreta un vecchio che per salvare la famiglia dal disastro diventa corriere della droga: la povertà e cosa provoca ai rapporti umani è spesso al centro delle sue storie. Parla di eroi comuni, provati dalla vita, di un’America tradita dal “sogno americano”. 

Clint Eastwood al New York Film Festival del 201 con Matt Damon e Bryce Dallas Howard

Clint ha girato capolavori estremi: Mystic River del 2003, dolente e magistrale su una infanzia violentata e le ferite che restano, Million Dollar Baby nel 2004 (quattro meritati Oscar) sulla pugile che sfida luoghi comuni, sfortune ed emarginazione, Gran Torino del 2008 sui pregiudizi etnici che smantella con discrezione e senso di umanità; ha riletto e demistificato le falsità sulla guerra con due film, Flags of Our Fathers e Letters from Iwo Jima, sulla cruciale battaglia sull’isola del Pacifico tra Stati Uniti e Giappone narrata prima dal punto di vista dei marines, poi dei giapponesi. Smontando pezzo per pezzo, senza dichiararlo, la retorica trionfalistica e militarista da ambo le parti. 

(da globalist.it)

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