Andrea Cesaro è uno chef appassionato e una persona entusiasta. La positività che lo contraddistingue come uomo, ne va a caratterizzare anche la cucina. Infatti è sempre pronto ad imparare, aperto allo studio; punta a stupire con la semplicità e con i sapori genuini del territorio.
Ha vinto il talent show di Foodnetwork, Choped, ed è arrivato in finale alla nona edizione di Cuochi d’Italia con Alessandro Borghese. Sognando il mare è il libro in cui Andrea Cesaro (“lo cheff con due effe“) ha raccolto non solo i suoi cavalli di battaglia, perché è molto più di un ricettario. Ha voluto dare libero sfogo alla sua creatività, al suo essere, mostrandosi a 360° e dunque arricchendo il libro con pensieri, frasi, ricordi, evocazioni, aneddoti legati alla sua vita.
Hai rappresentato il Veneto a Cuochi d’Italia: che rapporto hai con la tua terra?
Un rapporto bellissimo: amo il Veneto, amo l’Italia, mi sento un cittadino del mondo! Ma sempre più nel tempo ho sentito l’esigenza di coinvolgere il mio territorio, di farlo conoscere, di valorizzarne i prodotti. Su questo sono molto motivato.
Tu sei anche un appassionato di musica oltre che di cucina: che rapporto c’è tra le due cose? Come la prima influenza la seconda?
Penso che ogni momento della vita abbia una colonna sonora e vale anche in cucina, perché la musica in un piatto è fondamentale. Si mangia con gli occhi, si mangia coi sapori ma anche coi suoni. Con gli ingredienti è fondamentale creare una “sinfonia”: la musicalità è ispirazione. Così come si compone con le note musicale una melodia, così con gli ingredienti componi un piatto. Tra l’altro ho anche scritto alcune canzoni, mi piace moltissimo: ma mi vergogno ancora a farle sentire!
Come descriveresti in poche parole il tuo approccio alla cucina?
La mia è una cucina semplice e colorata. Il riscontro che ho dalla gente (e mi fa molto piacere) è quello di una semplicità che però lascia a bocca aperta. Per me è una grande soddisfazione, perché pur non facendo cose impossibili, dai a ingredienti semplici quel tocco in più che lo rende unico e speciale. E questo lascia stupiti.
Ti cimenti spesso in show cooking e corsi di cucina: quale insegnamento ti preme di più lasciare a chi ti segue in quelle occasioni?
Mi piace organizzare sempre qualcosa di diverso e soprattutto coinvolgere il più possibile chi ho ho davanti, farli partecipare: faccio scrivere un biglietto, leggiamo insieme, racconto una storia, faccio domande oppure mi invento una poesia per descrivere i piatti, magari dandogli un nome. E poi insegnando a scuola ho imparato a capire subito, leggendo gli occhi della gente, se mi stanno seguendo, se si stanno divertendo, se risulta interessante ciò che dico. Ho un riscontro immediato, così gestisco meglio anche tempistiche e modalità in base alla situazione.
Che Chef ti reputi?
Mi reputo uno chef polivalente! Perché per me la cucina non è solo il piatto finito e presentato: non mi dispiace mettermi in secondo piano, anche perché ogni cuoco non sarebbe nulla senza il lavoro faticoso di chi c’è dietro. Chi si sveglia di notte e raccoglie le verdure, per esempio! Sono uno chef a cui piace non solo cucinare, ma anche raccontare il cibo: aneddoti, ricordi, situazioni che danno valore al cibo. Altrimenti diventa solo una cosa da mangiare.
Venendo al libro: come mai il richiamo al mare?
Amo molto il mare, è un segno di ispirazione: anche dopo 16 ore in cucina mi fermo di fronte al mare e lascio che una parte di me voli via, per poi tornare e finire la giornata. È bellissimo stare di fronte alla bellezza del mare, che è senza limiti: le onde si infrangono, ma non si fermano mai, hanno sempre la forza di ritornare. E poi al mare ci vanno anziani, bambini, coppie: è per tutti. E l’idea di base del libro è proprio questa: un libro per tutti. Un mare in cui tutti entrano e trovano qualcosa di bello: è un po’ di mare per tutti.
Come hai selezionato le ricette?
Pur non avendo inserito piatti di pesce, nella mia testa era il mare il filo conduttore delle ricette: avevo sempre in testa le onde, il loro movimento. Ogni ricetta è legata a ispirazioni, ricordi, momenti. Alcune sono del mio repertorio, i miei cavalli di battaglia. Per altre invece ho fatto una cosa un po’ diversa: ho comprato gli ingredienti, li ho messi sul tavolo e ho iniziato a cucinare, con quello che avevo! Era un macello perché praticamente facevo la spesa a caso, a ispirazione! In questo senso è stato difficoltoso, ma mi ha permesso di tirare fuori il vero Andrea, di creare dei piatti dal nulla. Il libro è davvero mio, costruito da me dall’inizio alla fine. È una grande soddisfazione averci messo così tanto di me.
Ci sono anche piatti della tradizione culinaria veneta?
Non molte, proprio perché volevo far conoscere alla gente chi sono. Sono legato molto alla tradizione, ma qui volevo mostrare la mia creatività, infatti è un libro pieno di colori, pieno di frasi e pieno d’amore.
Come può il settore della ristorazione risollevarsi dal duro colpo che ha subito con l’emergenza sanitaria?
Secondo me ci vorrà tempo, ma soprattutto collaborazione e inventiva. Ci sarà da sostenersi, tra ristoratori e clienti. Qualcosa dovrà cambiare: spazi diversi, nuove tipologie di servizio, adattare menu, valorizzare i prodotti del territorio. Da soli i ristoranti non ce la fanno, serve una rete con le aziende locali. Può essere un’occasione in realtà: ora ci si può concentrare sul Made in Italy per essere davvero competitivi e qualitativi.