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Bianca Nappi: «”Vivi e lascia vivere” è un inno alla complicità femminile, una storia di donne lontana dagli stereotipi»

Nel 2001 ha esordito in TV con la serie “In Love and War”, diretta dal canadese John Kent Harrison. Ma è grazie a Ferzan Özpetek, che nel 2008  la sceglie per il film “Un giorno perfetto”,  che la carriera di Bianca Nappi prende un volo delicato ma sicuro verso mete lontane e intense.

Con la sua voglia di scoprire volti e storie, Bianca Nappi racconta sempre con grande modernità il nostro tempo. Lo fa attraverso ruoli immediati e veritieri come quello interpretato nella serie di grande successo  Skam Italia, dove affronta uno dei pochi ruoli adulti all’interno della storia. Dal 23 aprile tornerà in TV su Rai1 accanto ad Elena Sofia Ricci nella fiction “Vivi e lascia vivere” di Pappi Corsicato.

Cosa puoi anticiparci su “Vivi e lascia vivere”?

È una serie che ha al centro il bisogno ed il desiderio di indipendenza delle donne. La realizzazione dell’indipendenza femminile non è scontata. Insieme alla vita della protagonista, Elena Sofia Ricci, cambia anche la vita delle donne che sono legate a lei. Ho avuto l’occasione di interpretare Rosa, una donna insicura con un’autostima pari a zero. Il suo matrimonio la fa sentire debole e un po’ schiava. Non crede di poter far molto nella vita. Invece capirà che invece può fare molto. Il regista Pappi Corsicato è un artista di grandissimo talento che ha un’originalità visiva e stilistica eccezionale. Raccontiamo donne di età diverse con un grande bisogno di realizzarsi. La storia è un inno alla complicità femminile, non stereotipata: donne che si uniscono per fare qualcosa di bello, di importante.

Quanto è importante la complicità femminile nel tuo lavoro?

È un valore in cui credo molto. A teatro mi è capitato di prendere parte a progetti che nascevano da un gruppo di donne. Per esempio lo spettacolo “Tante facce nella memoria” di Francesca Comencini, con altre cinque colleghe: Mia Benedetta, Carlotta Natoli, Lunetta Savino, Simonetta Solder e Chiara Tomarelli. Un progetto molto fortunato, durato quattro anni, lo abbiamo portato nei teatri più belli d’Italia. È stato un piccolo miracolo, auto-prodotto, fatto da sole donne. Abbiamo bisogno di unirci in maniera autentica. Credo che sia fondamentale riconoscerci in tutte le nostre differenze.

Hai esordito al cinema in un film di Ferzan Özpetek, che ti ha diretta anche in “Mine Vaganti” e in “Magnifica presenza”. Com’è lavorare con lui?

Ferzan è un regista al quale sarò sempre legata e, provo nei suoi confronti un grande senso di gratitudine. Grazie a lui ho iniziato a fare sul serio questo lavoro. Prima che mi scegliesse per “Un giorno perfetto'” ero una ragazza che, come tanti artisti, cercava di approcciarsi ad un mestiere difficile come quello dell’attore. Özpetek mi ha dato la prima occasione importante. È una persona intelligente, brillante, piena di ironia. Per un attore è una grande fortuna poter lavorare con un regista del genere. Ama gli attori in modo sincero e vero. Non capita spesso di sentirsi così amati su un set.

In “Skam Italia” interpreti una ginecologa rassicurante e necessaria per le giovanissime protagoniste della storia. Che importanza ha, per te, una serie TV così amata dai ragazzi?

Sono stata molto felice di prendere parte a questa serie. Il regista Ludovico Bessegato è una persona con un grande talento. Quando mi ha proposto questo ruolo, non avevo idea di cosa fosse “Skam” e non avevo mai visto i vari remake realizzati in vari paesi nel mondo. Il mio è uno dei pochissimi ruoli adulti all’interno della storia. Ha avuto un impatto forte su chi ha guardato “Skam”. Tantissime persone mi scrivono per manifestarmi il loro entusiasmo per questo personaggio della ginecologa rassicurante. Avevo un po’ dimenticato le mille paure che i ragazzi hanno durante la loro crescita. I giovani fanno fatica a parlare con gli adulti, in particolare con i propri genitori. Sembra quasi impossibile confidarsi in famiglia, specialmente se si affronta il tema del sesso. Nel momento in cui ho girato questa storia ho pensato che, da ragazza, anche a me sarebbe piaciuto incontrare una ginecologa come quella che ho interpretato io.

Hai recentemente lavorato ad un lungometraggio intitolato “Selfiemania”. Cosa c’è di attuale nelle storie che raccontate?

“Selfiemania” è composto da cinque episodi. Ho preso parte all’episodio diretto da Elisabetta Pellini. Il tema è quello dell’ossessione da selfie. La storia prende spunto da alcuni casi assurdi di cronaca, realmente accaduti. Accanto a Milena Vukotic, che nel film interpreta mia madre, raccontiamo il peso non sempre positivo dei selfie all’interno di una famiglia. Mi ha fatto molto piacere contribuire a questo progetto così attuale. I social sono un’arma a doppio taglio. Da una parte, ci uniscono e ci rendono partecipi della società. Dall’altra, possono diventare un mezzo per chiunque di scrivere notizie false che generano panico. Mi capita, molto spesso, di leggere troppo accanimento e troppe cattiverie gratuite. Tutto ciò guasta l’anima di chi legge. Spero che prima o poi ci siano delle leggi che tutelino i cittadini sulla comunicazione che avviene attraverso i vari social network.

Bianca Nappi
Bianca Nappi fotografata da Azzurra Primavera
Come ti descriveresti come artista?

Sono un’attrice “onnivora”. Ho scelto questa professione perché ti trasforma continuamente, ti stupisce sempre. Mi ritrovo a interpretare dei ruoli che mai avrei pensato di fare e nei quali trovo qualcosa di me. Sono affascinata da ogni storia che potrebbe arrivare nella mia carriera, purché sia scritta bene.  Sogno di interpretare, a teatro, il personaggio di Stella in “Un tram che si chiama Desiderio”.

Sei diventata mamma da pochissimo. Quanto è cambiata la tua vita?

Prima di diventare madre ero titubante quando mi dicevano: “la tua vita cambierà”.  In realtà, è così. Cambiano le tue priorità. Prima davo importanza a cose alle quali adesso neanche penso più. Aumentano le preoccupazioni e le fatiche, anche perché sento di essere una madre abbastanza apprensiva. Diventare mamma è una gioia che si comprende soltanto quando la si prova. Sono convinta che si possa avere una bella vita anche senza diventare genitori. Però, l’amore per un figlio ha qualcosa di specifico che comprendi nella sua grandezza soltanto quando lo vivi. Non è paragonabile a nient’altro. La maternità è stata una mia grande scoperta.

In questi giorni di pausa e riflessione, cosa stai facendo?

Ho appena finito di leggere “A proposito di niente”, l’autobiografia di Woody Allen. È uno dei libri più belli che abbia letto negli ultimi anni, e lo consiglio davvero con grande entusiasmo. Allen racconta in modo onesto, crudo e reale la sua vita. È’ un uomo che non fa sconti a nessuno. “A proposito di niente” può essere una bella ispirazione per chi lavora nell’arte. Inoltre, passo le giornate a casa con mio figlio. Mi sto abituando a questa quarantena, facendo ginnastica e leggendo. Restare a casa, in questi giorni, significa contribuire a fare la propria parte per risolvere una situazione così difficile. Mi auguro che dopo questo periodo così doloroso, ognuno di noi possa ripartire con una maggiore maturità. Non abbiamo bisogno di consumare tante cose per essere felici. Non abbiamo bisogno di prendere continuamente aerei che inquinano e basta. Dobbiamo un po’ rivedere le nostre priorità. Ci siamo dimenticati di quanto sia importante lo spazio che occupa la natura su questo pianeta. Adesso, è arrivato il momento di avere un po’ più di rigore nella nostra vita.

Concludendo, come ti immagini di essere tra un paio d’anni?

Voglio provare a guardare con occhi nuovi anche le cose vecchie. Amo essere curiosa degli altri, delle nuove esperienze ma anche di me stessa. Tra un paio d’anni, spero di continuare a crescere nel mio mestiere che ho scelto con grande amore. Questo lavoro mi regala grandi gioie e spero, negli anni, che tutto questo migliori e si confermi.

 

 

 

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