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Gianmarco Saurino, protagonista di “Doc. Nelle tue mani”: «Il nostro omaggio va ai medici in trincea»

gianmarco taurino
Gianmarco Saurino è amatissimo dal grande pubblico per i ruoli sempre molto umani che interpreta a teatro, in Tv e al cinema. Il successo arriva con “Che Dio ci aiuti”, dove recita accanto ad Elena Sofia Ricci. Poi i ruoli si susseguono, fino ad approdare alla serie “Doc. Nelle tue mani”, in onda da giovedì 26 Marzo su Rai 1.

Accanto a Luca Argentero e a Matilde Gioli, Gianmarco Saurino racconta la vita coraggiosa e difficile dei medici in corsia, che prima di indossare un camice bianco sono persone come gli altri. Gianmarco racconta gli esseri umani in ogni sfumatura della sua arte. Che sia uno spettacolo teatrale o un progetto televisivo, il giovane attore riesce, con un appiglio caparbio e fedele, a dare spazio alle complessità del loro animo, a farne emergere la profondità e a diffonderne la bellezza.

Torni in TV con un medical drama molto particolare. Immagino che non sia facile per un attore, mostrarsi nel ruolo di un medico, in un periodo così intenso e particolare. Che sensazioni provi, Gianmarco?

È molto difficile parlare di una serie medical quando in questo momento i veri medici stanno rischiando la vita per tutti noi, ogni giorno. In questo periodo così delicato, è molto complicato riuscire a sentirsi “giusti” nel raccontare questa storia. Ti senti quasi inappropriato. Quello che noi attori facciamo, alla fine, è giocare a metterci nei panni di qualcun altro. C’è chi lo fa bene e chi no. Chi lo fa in modo credibile e chi no. Ci sono progetti belli e di qualità, ed altri meno. Però è pur sempre finzione quella che proponiamo agli spettatori. La situazione che stiamo vivendo oggi, invece, è reale e dolorosa. Già all’inizio delle riprese, sentivo un certo peso quando indossavo il camice. Credo di parlare anche a nome di tutto il resto del cast.

Abbiamo passato alcune settimane di training in ospedale, siamo stati accanto a dei medici veri. Adesso, il peso è diventato il triplo. È un’enorme responsabilità e sembra, in qualche modo, superfluo raccontare i nostri personaggi.  Prima dell’artista viene l’essere umano, e oggi mi sento fuori luogo per intrattenere le persone con una storia di finzione. Ci auguriamo tuttavia che questo progetto serva, in qualche modo, a raccontare, rasserenare e intrattenere le persone.

Su cosa possono riflettere gli spettatori che guarderanno la serie?

Non ho mai visto l’attore come un intrattenitore. Il nostro mestiere ha un dovere culturale, più che di intrattenimento. In un periodo del genere, “Doc. Nelle tue mani” può servire a mostrare il lato umano dei medici, ad aiutare le persone a capire quanto essi siano importanti in questo momento. Lo sono ogni giorno, nelle nostre vite. Sotto ad ogni camice c’è una persona. La professione di medico è una vera e propria vocazione. Riconoscere il loro valore è importantissimo. Ma non solo: credo sia fondamentale riconoscere il valore della sanità italiana, ogni giorno. I tagli alla sanità e alla cultura che molto spesso sono stati operati non fanno bene al nostro Paese. E non ci vuole soltanto un’epidemia per comprenderlo.

La cosa più interessante di questa serie è vedere la professionalità dei medici, senza dimenticare che a muovere il bisturi e a salvare le vite dei pazienti sono altri uomini.

In che modo descriverti il tuo personaggio, Lorenzo Lazzarini, all’interno di questa storia?

Lorenzo è il ruolo più complicato che ho interpretato fino ad ora. Nel momento in cui un ruolo ti mette in difficoltà, sei costretto a tirar fuori degli aspetti di te che non avevi ancora conosciuto. Il lavoro che c’è dietro è interessante per me, come attore, ma anche per il pubblico che mi segue. Perché quando un personaggio del genere è in scena e si espone di fronte ai problemi, diventa molto più credibile. La vita quotidiana è fatta di problemi e vicissitudini ed eventuali risoluzioni dei problemi. Tutto ciò avvicina i personaggi di una fiction alla vita reale.

Lorenzo è un personaggio straordinariamente credibile. Ha un passato burrascoso e che non ha ancora risolto. Capita spesso a tutti noi, nella vita, di non riuscire a risolvere certi aspetti del nostro vissuto che non appartengono solo al passato, ma che continuano ad affiorare nel presente e nel modo in cui ci relazioniamo alle persone. Le relazioni umane di Lorenzo sono influenzate dal modo in cui è cresciuto.

Cosa ti colpisce maggiormente di questo giovane uomo?

È stato un ruolo affascinante da interpretare, quello di un giovane uomo in bilico su una bilancia che tende allo squilibrio tra l’armonia e il caos completo. Lorenzo Lazzarini rappresenta, per me, uno specchio rotto in cui lui non riesce a vedere un’immagine completa di sé, perché non la possiede. Non ha mai capito cosa è davvero. L’immagine che ha di sé, spesso è quella che gli rimandano gli altri. Ha tanti pezzi rotti che non riesce ad incollare. Vedrete il suo viaggio nel tentativo disastroso di risolvere i suoi problemi. È un essere umano come tutti noi.

Alcuni artisti si dedicano meno al teatro, e preferiscono dividersi tra TV e cinema. Tu al contrario sei molto impegnato anche in progetti teatrali.

Conciliare tutto è estremamente faticoso, ma non posso fare a meno del teatro. Mi capita spesso di essere impegnato dal lunedì al venerdì sul set per girare. Eppure il venerdì, il sabato e la domenica corro a teatro e porto avanti i miei spettacoli. Il teatro mi rende felice, ma soprattutto mi rende vivo. Sento che posso fare viaggi lunghissimi, con ogni mezzo per portare in giro le repliche teatrali e ritornare, poi, il lunedì sul set dopo aver viaggiato tutta la notte. Non mi pesano le ore in meno di sonno. Se non dormo, non importa. Il mestiere dell’attore è il più bello del mondo. Mi sento davvero un privilegiato a poter fare l’attore, ogni giorno. Ciò che faccio per la maggior parte del tempo è recitare. Credo che il teatro sia parte integrante della mia vita. Non ho mai visto il teatro come un modo per occupare il mio temo. Il teatro è l’anti-camera del cinema e della televisione.  Per me, viene prima di tutto il resto. Quando pianifico il mio anno lavorativo, cerco di considerare prima il tempo da dedicare al teatro, per poi considerare eventuali progetti televisivi e cinematografici. Questo è ciò che mi fa star bene.

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Simmetrie e camicie. @characoalphotos

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Nei prossimi mesi porterai in scena lo spettacolo “L’uomo più crudele del mondo”. Ce ne parli?

Non sappiamo ancora quali saranno le date effettive dello spettacolo, in quanto tutto quanto è stato posticipato a data da definirsi. È un dialogo tra due persone: il proprietario della più grande azienda d’armi d’Europa, un uomo senza scrupoli, che viene intervistato da un giornalista, impacciato e disinteressato alla propria vita. SI affronta il tema della crudeltà, uno degli aspetti più profondi dell’animo umano, che fa parte di ognuno di noi. Siamo stati tutti, almeno una volta nella vita, crudeli con qualcuno. Chi non lo è stato, lo sarà. Chi non lo sarà, lo è e non se ne rende conto. Tutti noi facciamo male alle persone che ci sono accanto, a volte anche senza realizzarlo.

Quanto è importante, per te, parlare di sentimenti anche negativi?

Trovo molto importante poter parlare di questi aspetti fondamentali della vita dell’essere umano che tendiamo a nascondere agli altri. Durante una delle ultime repliche teatrali dello spettacolo, una ragazza mi ha detto che si sentiva profondamente toccata dal tema che avevamo raccontato. Parlare di temi come la crudeltà è necessario per portare le persone a riflettere su aspetti del proprio animo che spesso non vogliono far emergere.

Parlando della quotidianità stravolta dalle situazioni delle ultime settimane, cosa rappresentano il cambiamento e la libertà, adesso?

Il cambiamento ha portato alla mancanza di libertà. La nostra vita è cambiata, di colpo. Adesso ci accorgiamo di quanto è bello essere liberi. È stato facilissimo chiudersi in casa, da un giorno all’altro. Avremmo mai pensato, un mese fa, che il mondo potesse essere chiuso improvvisamente? No, eppure è stato possibile. Troppo spesso abbiamo dato per scontate certe nostre conquiste. A teatro, per esempio, porto in scena uno spettacolo molto bello che si intitola “Contro la libertà” e che parla di sette quadri diversi, sette aspetti della libertà contemporanea che crediamo di aver conquistato ma in realtà, non ci hanno resi liberi fino in fondo. Se penso alla libertà, penso a De Andrè che cantava “Signora libertà, signorina fantasia”.  Per quanto io sia una persona abitudinaria, ho scelto un mestiere che cambia continuamente. Il cambiamento ci rende vivi.

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