Da oggi al 12 gennaio Raffaella Morelli sarà al Teatro Belli di Roma con “Tosca e altre due”, una commedia di Franca Valeri, la “signorina snob” del teatro. L’attrice, sceneggiatrice e regista il 31 luglio compirà 100 anni
Raffaella Morelli vive tra Roma, Parigi e Milano. Giornalista, a 17 anni faceva già parte della redazione di Quotidiano Donna, il primo quotidiano femminista dell’epoca. Laureata in lettere, ha collaborato con La Domenica del Corriere, Rai e RadioRai. Ha studiato Regia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma a Cinecittà. Sceneggiatrice, regista, autrice, docente di cinema all’università La Sorbonne di Parigi, dedica la sua vita alla diffusione della cultura e alle battaglie civili. A Wondernet Magazine Raffaella Morelli ha raccontato cel suo ultimo progetto, un omaggio a Franca Valeri, e delle differenze tra il cinema francese e quello italiano.
Raffaella, raccontaci del tuo ultimo progetto.
Debuttiamo in prima nazionale al teatro Belli di Roma con “Tosca e altre due” questa sera, martedì 7 gennaio, e vi resteremo fino al 12. È una delle commedie più amate di Franca Valeri, che non va in scena da tanti anni, e che riproponiamo in occasione del compleanno di questa grandissima attrice italiana che compirà cento anni il 31 luglio. È il nostro modo di farle gli auguri. La storia, portata in scena per la prima volta al teatro Valle nel 1986, è ispirata dall’opera lirica “Tosca” di Giacomo Puccini. Franca Valeri ha immaginato un’opera dentro l’opera, un racconto ironico che si svolge nella portineria di Palazzo Farnese dove, nel corso di una lunga notte, facevano amicizia la custode Emilia e Iride, moglie del boia. Una coppia sui generis che spia e origlia mentre al piano nobile si consuma la tragedia della cantante Tosca e del suo amante, il pittore Cavaradossi. In questo scenario le due donne parteggiano accanitamente, l’una per il cattivo barone Scarpia e l’altra per la sventurata Tosca. È una commedia, acuta, colta e divertente. Le altre due, Emilia e Iride, sono le brevissime attrici e doppiatrici Cinzia Massironi ed Elisabetta Spinelli.
Perchè hai scelto questa commedia?
Franca Valeri è stata importante per quelli della mia generazione. Noi siamo quelli nati con la televisione in bianco e nero e Franca Valeri partecipava alle trasmissioni del sabato sera, faceva le imitazioni delle segretarie, delle sartine, delle signore bene. Aveva sempre quest’umorismo graffiante, colto. La abbiamo amata anche a teatro. La vidi nel 1986 al Valle di Roma che portava in scena proprio quest’opera insieme ad Adriana Asti.
Fu che mia madre mi trascinò a vedere questa Tosca e temevo fosse un suo inganno per portarmi a vedere l’opera. Sono un’appassionata di jazz e non amo l’opera. Quando ho visto entrare Franca Valeri in portineria e sentirla dire che era la portinaia di palazzo Farnese mi sono divertita e ho iniziato ad apprezzare anche l’opera di Puccini che si sente in sottofondo.
Vivendo tra Roma e Parigi e lavorando tra cinema e teatro, hai un punto di osservazione privilegiato. Che differenza ci sono oggi tra i due sistemi?
I francesi considerano il cinema sia una forma d’arte che una voce nel bilancio nazionale, per cui investono in cinema, così come investono in ogni altra forma di cultura. Ci sono contributi importanti per aiutare la cinematografia francese, il teatro, le scuole di formazione artistica, più che in Italia. Non è che hanno più soldi, ma hanno strutturato la distribuzione delle loro finanze in modo diverso. Credono nella cultura più di noi. In Italia, da sempre, se dici che fai l’attrice, ti chiedono: sì, ma per vivere cosa fai? Qui ancora oggi, se non sei Margherita Buy, fare l’attrice non è un mestiere. In Francia è un lavoro come tutti gli altri. C’è un sistema di finanziamenti che permette alla Francia di fare cultura. Qui poi abbiamo una grande quantità di canali televisivi che trasmettono film di ogni tipo tutto il giorno. In Francia i film vengono trasmessi molto meno, si vedono telefilm e la gente esce per andare al cinema, dove i film sono spesso in lingua originale sottotitolati. Ovvio hanno poi i canali a pagamento dove chiunque può vedere qualsiasi film. Questa è una forma di protezionismo che i francesi hanno nei confronti del loro cinema e del cinema in generale che noi non abbiamo. Qui abbiamo persone anche premiate che dopo anni ancora non ricevono i soldi stanziati.
Nel mondo del teatro la situazione è la stessa?
Per il teatro la situazione è ancora peggiore. La gente fa teatro perché crede nella cultura. Siamo un paese che sulla scena culturale ha un certo peso, ma è tutto sulle spalle degli autori e degli artisti. Facciamo spettacoli dove noi mettiamo i soldi. Non incassiamo con i biglietti e continuiamo a fare spettacoli e ad investire perché ci crediamo e non siamo sostenuti. In Francia gli artisti, quando non lavorano, ricevono sussidi in base alle ore lavorate l’anno prima e questo permette di poter fare un programma.
E dal lato della formazione?
A Roma abbiamo il Centro Sperimentale di Cinematografia. Quando nel 1937 è stata fondata Cinecittà, si è subito pensato di fare la scuola di cinema. Da dove sono usciti grandissimi attori, registi, sceneggiatori, costumisti, tecnici del cinema italiano. Noi abbiamo una buona formazione. Non manca formazione, mancano i fondi statali che aiutino. In questi ultimi anni abbiamo dato al cinema grandi registi come Garrone, Sorrentino, Özpeteck. Moretti in Francia è considerato come Woody Allen. Stiamo risalendo.