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Nadia Rinaldi: «Porto in scena un passato difficile che mi appartiene, e che non va dimenticato»

Nadia Rinaldi, intervista all'attrice a teatro con "Amara"
Fino a questa sera Nadia Rinaldi è in scena con “Amara”, scritto e diretto da David Mastinu, al Teatro Garbatella di Roma dove l’abbiamo applaudita e incontrata per un’intervista. L’attrice romana ci racconta di sé e della storia della sua famiglia di origine, che rivive in questa pièce teatrale, ma anche degli altri suoi progetti tra i quali un ruolo drammatico in una celebre serie Netflix

Nadia Rinaldi è al Teatro Garbatella di Roma con “Amara”, un atto unico scritto e diretto da David Mastinu. Ambientata nelle borgate romane degli anni ’50, la pièce esplora la violenza e la miseria del sottoproletariato che vive ai margini della società, ma anche il desiderio di rivalsa, il non rassegnarsi ad una condizione ingiusta e sognare un futuro migliore, per sé e per i propri figli.

Sul palco insieme a Nadia Rinaldi, che interpreta Teresa, una donna costretta a prostituirsi per un pezzo di pane, ci sono Stefano Ambrogi (“Lo chiamavano Jeeg Robot”, “Nero a metà”, “Vita da Carlo”), che in “Amara” è il burbero e violento marito Renato. Martina Zuccarello nei panni di Maria, una ragazza rimasta orfana durante la guerra, che trova in Teresa una seconda mamma. Germana Cifani che interpreta Rosa, una donna sopravvissuta al bombardamento del quartiere San Lorenzo nel luglio del 1943 e finita anche lei in borgata. E Michele Capuano, che interpreta un giovane intellettuale arrivato a Roma dal Nord e che fa il professore nella Capitale, ma che si muove tra la miseria e la desolazione di quella borgata sulle rive dell’Aniene in cerca dell’ispirazione per scrivere, con ‘’le scarpe sporche di fango’’, il suo primo romanzo. È Pier Paolo Pasolini, e quel libro è “Ragazzi di vita”.

Nadia Rinaldi, intervista all'attrice a teatro con "Amara"

“Amara”, una storia di emarginazione e riscatto

Teresa, Maria e soprattutto Rosa sono stanche di vivere in quella miseria e vorrebbero cambiare vita ma devono fare i conti con la violenza di Renato, uomo burbero e disinteressato al cambiamento, ormai rassegnato a quella condizione di emarginazione. Le tre donne architettano un piano, ma Renato lo scopre e la sua rabbia sfocia in un finale amaro, proprio come il titolo della pièce.

Bravi tutti i protagonisti, intensa e convincente l’interpretazione di Nadia Rinaldi, che sul palco in alcune scene si commuove davvero. Le viene “il magone”, come ci ha raccontato lei stessa nell’intervista che ci ha concesso dopo lo spettacolo.

Nadia Rinaldi

Quanto di te c’è in Teresa, il personaggio che interpreti in Amara?

Nadia Rinaldi: C’è tanto, io ho sposato questo personaggio, l’ho amato in scrittura perché ho ritrovato su un copione dei racconti che faceva mio padre quando ero piccola. La sua famiglia è sopravvissuta al bombardamento del quartiere San Lorenzo, e sono stati mandati alla borgata Gordiani (zona alla periferia di Roma fatta all’epoca di casette a un piano, prive di acqua corrente, di luce e di bagni, n.d.a.) in attesa dell’assegnazione di un altro alloggio. La casa doveva arrivare molto presto e invece, come diceva papà, «qui sèmo morti», si sono dimenticati di loro. E quindi la mia famiglia di origine ha provato tutti i disagi del vivere una baracca, dell’andare a fare i bisogni all’esterno, ha provato gli stenti, il mangiare quello che si trovava.

E mia zia, la sorella di mio padre che oggi ha ottant’anni, durante quel bombardamento del 1943 a San Lorenzo è stata salvata da mio padre, che aveva sette anni. Papà raccolse una persiana di legno che era caduta e la mise sopra la carrozzina della sorella, che così fu riparata dai calcinacci. Oggi papà non c’è più, e mia zia ogni volta che racconta questa cosa dice a mio figlio (l’attore Riccardo Mandolini, n.d.a.) che gli assomiglia molto: «Io sono viva grazie a tuo nonno».

Hai scritto che a interpretare questo ruolo ti ha chiamata un senso di dovere, e che «il passato non va dimenticato»

Nadia Rinaldi: Sì, questi racconti hanno fatto parte della mia infanzia, e si ritrovano anche, una ventina di anni dopo, in “Brutti, sporchi e cattivi” di Ettore Scola, in quelle situazioni anche grottesche, che facevano ridere, ma che sono amare. Ed è una realtà di settant’anni fa, ma oggi molti popoli ai confini subiscono ancora quella miseria e quell’emarginazione. La storia si ripete, si ripetono le guerre, i bombardamenti, la disperazione, l’abbandono da parte delle istituzioni. E alla fine è normale che le persone, anche se hanno dei princìpi buoni, si incattiviscano come Renato che dice «Io ci ho provato ad essere migliore, ma sono stato tradito e lasciato da solo».

Nadia Rinaldi, intervista all'attrice a teatro con "Amara"

Teresa, Maria e Rosa, che si alleano e lottano per dare una svolta alle loro esistenze, ci ricordano quanto sia grande la forza delle donne. Che valore ha per te la solidarietà femminile?

Nadia Rinaldi: Vale tantissimo, anche se a volte viene a mancare…quando la sorellanza si mette in atto diventa una vera potenza.

Dopo tante commedie e musical, ti vediamo finalmente in un ruolo drammatico. Considerando la tua bravura, verrebbe da dire che il cinema e il teatro hanno perso qualcosa finora…

Nadia Rinaldi: Grazie, questo però lo dici tu! (ride, n.d.a.). Mi trovo molto a mio agio in ruoli meno leggeri rispetto a quelli in cui il pubblico è abituato a vedermi, e posso anticiparti che sto girando la nuova stagione di una celebre serie Netflix dove interpreto un personaggio drammatico.

Nadia Rinaldi, intervista all'attrice a teatro con "Amara"

Un ricordo di Gigi Proietti, con il quale hai esordito nel 1988 con “Liolà”

Nadia Rinaldi: Gigi è stato il mio maestro, è stato il primo a credere in me, a prendermi per mano e a darmi gli strumenti per fare questo mestiere. Mi ha lasciato un grande tesoro, un’eredità importante.

Pochi giorni fa è stato il compleanno di tuo figlio Riccardo, quante soddisfazioni ti da?

Nadia Rinaldi: Riccardo ha compiuto ventitré anni e mi sta dando belle soddisfazioni. Va stimolato, va seguito come tutti i ragazzi…spero che ami questo mestiere quanto lo amo io e quanto lo ama suo padre (il regista e sceneggiatore Mauro Mandolini, n.d.a.). Sin da piccolo ha respirato l’aria dei camerini, dormiva dietro le quinte, ascoltava leggere copioni…

E Francesca Romana? Vuole seguire anche lei le tue orme di attrice?

Nadia Rinaldi: No, lei è ancora piccola, forse vuole dedicarsi agli studi di Moda e Costume. Aveva scelto Scienze Umane ma non le piace, e molto probabilmente cambierà indirizzo.

Hai partecipato a vari reality show, tra cui “La talpa” e “L’isola dei famosi”. Di recente hai dichiarato di aver declinato l’invito al GF Vip, ma non hai escluso una tua partecipazione in futuro

Nadia Rinaldi: Io non sono contraria ai reality. Mi dispiace solo che a volte nel cast capitino personaggi molto distanti dalla propria realtà e con i quali diventa difficile rapportarsi. A un tronista che vive solo nel suo mondo, ad esempio, io a cinquant’anni non saprei cosa raccontare…però i reality hanno dato a noi attori, che siamo stati tanto tempo fermi per la pandemia, la possibilità di farci conoscere.

Quest’anno avrei potuto partecipare al GF Vip. Come ti ho detto però in questo periodo sto lavorando ad una produzione Netflix che ritengo più interessante per il mio lavoro, e quindi ho detto di no. Il mio comunque non è un no tassativo, potrebbe valerne la pena. Non sono certo alla ricerca di visibilità, ma mi piacerebbe conquistare una fetta di pubblico che forse non mi conosce.

Altri progetti in cantiere?

Nadia Rinaldi: A maggio sarò in scena al teatro Off/Off con “Senza santi in Paradiso”. È uno spettacolo scritto da me e diretto da Claudio Insegno dove racconto di me, della mia vita personale e del mio percorso artistico.

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