Arriverà nelle sale domani 15 settembre “Maigret”, tratto dal romanzo “Maigret e la giovane morta” di Georges Simenon. Volto del celebre ispettore è Gérard Depardieu. Il film è diretto da Patrice Leconte, che ha presentato la sua ultima opera nel corso di una conferenza stampa
Esce domani “Maigret”, per la regia di Patrice Leconte. Il film parla di un’indagine di Maigret sulla morte di una giovane ragazza. Nessun elemento permette di identificarla, nessuno sembra conoscerla né ricordarsi di lei. Incontra una delinquente, che stranamente somiglia alla vittima, la quale risveglia in lui il ricordo di un’altra persona scomparsa, più antica e intima.
Tratto dal romanzo “Maigret e la giovane morta” di Georges Simenon, il film vede come interprete principale Gérard Depardieu. Nel cast anche Jade Labeste, Mélanie Bernier, Aurore Clément, André Wilms,
Hervé Pierre della Comédie Française), Clara Antoons, Pierre Moure e Bertrand Poncet.
Gérard Depardieu: Jean-Luc Godard un innovatore, ha scardinato le regole del cinema
Poco prima dell’inizio della conferenza stampa è arrivata la notizia della scomparsa di Jean-Luc Godard, morto ieri a 91 anni. «L’ho saputo un quarto d’ora fa come voi», ha detto Gérard Depardieu, che ha definito Godard «un creatore essenziale. Più innovatore di Chabrol e Truffaut. Ha scardinato le regole del cinema, le ha rinnovate. Da ragazzo amavo andare al cinema, ma mi sembrava un sogno impossibile».
L’attore ha poi rivelato: «È stato con i film di Godard, quando ho visto “Fino all’ultimo respiro”, che mi sono detto: non dico che posso fare anch’io un film del genere, ma questo tipo di cinema mi parla. Era come se lo schermo si avvicinasse a me. I film della Nouvelle Vague mi hanno dato l’idea che il cinema non fosse un sogno impossibile. Godard è bizzarro, caotico, tutto e il contrario di tutto. Ma è stato molto importante per me, pur non avendolo mai conosciuto».
Il trailer di “Maigret”
La conferenza stampa di “Maigret” e le parole di Patrice Leconte
Quando ha scoperto Simenon e i romanzi di Maigret?
Patrice Leconte: Avevo una nonna materna appassionata di Simenon e di Maigret. Quando lei terminava un libro, io lo prendevo. Pensavo fosse una letteratura facile, ma mi sbagliavo. Poi un professore di filosofia, al liceo, disse “Per me il più grande filosofo contemporaneo è George Simenon”. Da quel momento ho continuato a leggere Maigret e tutti i romanzi di Simenon. Finché un giorno mi venne voglia di adattare un suo romanzo e girai “L’insolito caso di Mr. Hire”.
Come è nata l’idea di questo nuovo film?
Patrice Leconte: È stato Jérôme Tonnere (ha scritto la sceneggiatura insieme a Leconte – nda) a dirmi: se rileggessimo qualche Maigret?. Mi ha fatto notare che Maigret non aveva avuto trasposizioni cinematografiche dal 1958, con Jean Gabin nel ruolo del commissario e Jean Delannoy alla regia. Avevo voglia di ridare nobiltà a questo. Abbiamo riletto tutti i romanzi, ma io volevo un’ambientazione parigina. Parigi perché, ai miei occhi, Maigret è legato ad alcuni luoghi emblematici come il Quai des Orfèvres o le Batignolles. È stato Jérôme a consigliarmi “La giovane morta”.
Su cosa si concentra in particolare questo adattamento?
Patrice Leconte: Il fulcro della storia era la ricerca di Maigret per scoprire chi fosse questa giovane donna morta che nessuno sembra ricordare. C’è una carica emotiva senza precedenti.
Una giovane di circa diciotto anni viene trovata morta nel quartiere di Batignolles: non si sa nulla di lei, del suo passato, cosa ci facesse in abito da sera e chi l’ha pugnalata. Quello che mi ha appassionato è Maigret, stanco per il suo mestiere, che ritrova interesse per il suo lavoro. Che non è tanto nello scoprire il colpevole, ma chi fosse la giovane morta. È raro avere un poliziesco dove il commissario cerca di conoscere chi fosse la vittima. Di solito si cerca l’assassino. Maigret ha perso una figlia che avrebbe la stessa età, quindi c’è un rapporto molto forte tra la vittima e l’indagine di Maigret. È questo che mi ha interessato, che rende questa indagine diversa dalle altre.
Anche Simenon ha perso una figlia, e lo stesso è accaduto a Depardieu
Patrice Leconte: Nella scena quando il vecchio Kaplan confida a Maigret “quando si perde un figlio si perde tutto non resta più niente, solo le tenebre”, il commissario risponde “Lo so, signor Kaplan, lo so”. Per Depardieu c’era una risonanza personale con suo figlio. Devo dire che il giorno che abbiamo girato quella scena eravamo tutti commossi perché sapevo la carica emotiva di Depardieu nel pronunciare queste battute.
Maigret è un film di impianto classico
Patrice Leconte: L’ho fatto di proposito, ma non volevo fosse polveroso. Non volevo che fosse una fotocopia di una versione antica, ma che fosse molto vicina ai personaggi. Non avevo mai lavorato con Depardieu. Gli ho proposto il ruolo e ha accettato subito. Un’adesione spontanea senza leggere la sceneggiatura. “Ti dico già di sì. Adoro Simenon”. Il fatto di interpretare un personaggio grande tanto quanto lui, lo rende unico. Quando interpreta Rodin, Cyrano, Balzac, lui sceglie personaggi della sua statura e Maigret è un personaggio alla sua altezza: questo lo ha fortemente motivato.
Mi stupisce che prima di ora nessuno avesse mai chiesto a Depardieu di interpretare questo ruolo
Patrice Leconte: Quando affronti un progetto come questo, non puoi iniziare a lavorarci se non hai un attore in testa e, quando vedo Depardieu, mi chiedo chi altro avrebbe potuto interpretarlo. Maigret è un personaggio imponete, voluminoso, schivo, parla poco, osserva tanto. Ci sono molti punti di contatto tra i due. Sono rimasto stupito dai suoi silenzi, dal fatto che sul set guarda tutto e tutti, anche le maestranze. Quando si appassiona a un film, ha una concentrazione incredibile. Gli ho detto “non mi piace fare molti ciack” e lui mi ha risposto “neanche a me”. Ci sono tante riprese per le quali abbiamo fatto al massimo tre ciack e quasi sempre dicevo “buona la prima”.
Un aspetto curioso di Depardieu è che fino all’istante prima di girare, dice battute, fa ridere tutti e poi il tempo di dire ciack, e lui diventa Maigret. È stupefacente. Un giorno gli ho chiesto: come fai? Lui mi ha risposto che deconcentrarsi era il suo modo di concentrarsi. Ha bisogno di essere agli antipodi del personaggio per essere il personaggio nel momento in cui si gira.
Come è stato adattare il romanzo di Simenon al cinema?
Patrice Leconte: Nell’adattamento mi sono concesso molte libertà. Quando ero studente di cinema, Jean-Paul Carrier, grandissimo sceneggiatore, venne a tenere una conferenza sull’adattamento. Aveva lavorato con Buñuel, e disse che quando si adatta un libro, lo si legge due, tre, anche cinque volte, ma poi si chiude e non lo si apre più.
Adattare un testo letterario significa adottarlo. Bisogna tradurre senza tradire, concedersi delle libertà. Se si resta troppo al servizio dell’autore e del libro, si diventa illustratori. Ho messo molto di me in questo personaggio, come i lunghi silenzi. Mi sono preso molte libertà.
Di Simenon amo l’essenzialità. Ad esempio, in un suo libro c’è una scena dove piove. Un cattivo autore si sarebbe dilungato in una descrizione di tre pagine del cielo grigio, delle gocce, delle pozzanghere. Lui semplicemente scrive “Maigret era fradicio”. È geniale. Maigret è così potente che lascia al lettore una parte di immaginazione.
Quello che mi ha sedotto di Maigret è che non ha rispetto per le classi borghesi. In questo ambiente borghese molto ricco, Maigret funge da rompighiaccio. Se fosse stato un commissario attento agli usi e costumi di una classe elevata e ricca, si sarebbe tolto il cappello davanti a loro. Ma non esiste che Maigret si tolga il cappello quando è tra dei borghesi! Il suo lato anticonformista e irrispettoso dà molto valore al personaggio e relega i borghesi a una classe che non serve prendere in considerazione più di quanto non sia necessario. Allo stesso modo, quando Maigret si intrattiene con il suo superiore, non si toglie il cappotto, né il cappello, come se fosse semplicemente di passaggio, e finge di voler fumare la pipa. Ma c’è il desiderio in Maigret di non voler smussare gli angoli. Lui è quello che è. Non cerca di essere amato. Lui semplicemente guarda e ascolta.
Progetti in cantiere?
Patrice Leconte: Non ci sarà per me un terzo Maigret: entrerei in una serie, ma io faccio cinema. Non so se alla mia età mi resta il tempo per fare un altro film. Certo non posso restare inattivo. Potrei andare in pensione, ma poi che faccio? So solo fare cinema. Ho progetti. Uno è in stato avanzato ed è un film con Depardieu, ma con un soggetto molto diverso. Quando ci sentiamo al telefono, mi dice sempre “non dimenticarti di me”.
Ho già scritto un film su Louis Braille, giovane non vedente che ha inventato a 15 anni l’omonimo codice. Detestava non poter scrivere e leggere libri. Non è un biopic. Dovrei girare in aprile, ma cinema è diventato un universo incerto. Tanti progetti naufragano, e speriamo che questo vada in porto.