Il 14, 15 e 16 febbraio arriva nelle sale italiane “Martin Luther King Vs FBI”, prodotto da Wanted Cinema e con il patrocinio di Amnesty International Italia
“Martin Luther King Vs FBI” è il docu-film del regista Sam Pollard che, grazie a nuovi documenti desecretati rivela per la prima volta i retroscena dell’ossessivo controllo dell’FBI nei confronti di King e degli attivisti neri. Il film, da oggi e fino al 16 febbraio in sala, è stato nominato nella short list Degli Oscar 2021.
L’analisi della campagna di Hoover contro Martin Luther King parte dallo studio di informazioni rese accessibili grazie al Freedom of Information Act del 1966 contenute nel libro di David J. Garrow, “The FBI and Martin Luther King, Jr.: From ‘Solo’ to Memphis”. Nel docufim Pollard utilizza anche importanti testimonianze come quella dell’ex direttore dell’FBI James Comey.
“Martin Luther King Vs FBI”, il docufilm di Sam Pollard
Qual è la responsabilità di uno storico che si occupa di Martin Luther King? “Cambia col tempo” risponde alla fine del docufilm il premio Pulitzer David Garrow, autore del libro “FBI and Martin Luther King, Jr: From “Solo” to Memphis”.
Alla base del lavoro di Pollard ci sono due considerazioni: che questa è la pagina più oscura della storia del bureau e che, quando simili documenti vengono desecretati, non li puoi ignorare. Il suo obiettivo è cercare di comprendere Martin Luther King Jr.
Il film inizia con il celebre sogno di Martin Luther King
Tutto inizia con le immagini di archivio girate nel nel 1963 davanti al Lincoln Memorial alla fine della famosa marcia su Washington per il lavoro e la libertà.
Qui Martin Luther King Jr. pronuncia lo storico discorso intitolato “I have a dream”, dove esprimeva la speranza che un giorno la popolazione afroamericana avrebbe goduto degli stessi diritti dei bianchi.
«Ho un sogno, che un giorno sulle rosse montagne della Georgia i figli degli ex schiavi e i figli degli ex padroni di schiavi potranno sedersi insieme alla tavola della fraternità»
Ma l’America degli anni Sessanta era la patria anche dei neri del boicottaggio degli autobus di Montgomery del 1956? Era la stessa patria degli agenti bianchi, in giacca e cravatta dell’FBI e del SCLC (Southern Christian Leadership Conference), l’organizzazione dei diritti civili degli afroamericani? Era la stessa patria di John Edgar Hoover, direttore dell’FBI dal 1935 al 1972, e del dottor Martin Luther King, pastore battista e premio Nobel per la Pace nel 1964? In fondo, a modo loro, erano entrambi difensori del Sogno Americano. Ma erano americani “uguali”?
Negli Stati Uniti che hanno nella loro Dichiarazione di Indipendenza (1776) le parole di Thomas Jefferson “all men are created equal”, un giornalista intervistato dichiara “i negri creano rancore nei bianchi chiedendo troppo e troppo in fretta”.
L’FBI contro Martin Luther King Jr.
“L’FBI è una parte fondamentale del potere politico americano”, dice Garrow nel docufilm. Al culmine della battaglia tra l’FBI e il dottor King, l’FBI aveva un indice di popolarità del 50% rispetto al 17% di King. Nonostante fosse un premio Nobel che dava lustro agli Stati Uniti nel mondo.
William Sullivan, numero due dell’FBI, scrisse in un documento interno: “è chiaro che, dopo la marcia su Washington, Martin Luther King Jr. è il negro più pericoloso in America. E dobbiamo usare qualsiasi mezzo per distruggerlo”.
“Qualsiasi mezzo”
Pollard evidenzia quel “qualsiasi mezzo”: l’uso indiscriminato di intercettazioni ambientali per supportare la validità di pregiudizi diffusi nell’America WASP. Forse anche la loro manipolazione. L’uso distorto di stereotipi come l’infedeltà coniugale e la sessualità dei neri; lo sfruttamento dell’immagine che i bianchi avevano dei neri come una minaccia sessuale, specialmente per le donne bianche; l’associazione tra battaglie per i diritti civili dei neri e il comunismo.
Pollard racconta un Martin Luther King Jr. la cui immagine non viene sostanzialmente modificata dalle prime trascrizioni dei nastri registrati tra il 1963 e il 1968 che inizieranno a essere desecretati nel 2027. Pollard racconta di un’America che parla di purezza razziale. Racconta di un Martin Luther King Jr. consapevole che duecentocinquanta anni di schiavitù non si cancellano con una legge. Che i neri sono l’unico gruppo etnico considerato schiavo su suolo americano. Racconta di un uomo paladino dei diritti civili di ogni minoranza, neri, latini, nativi, che devono unirsi per lottare insieme, pacificamente, contro la libertà.
E ancora, racconta di Martin Luther King Jr. che nel 1967 si scaglia contro la guerra in Vietnam: “Io non potevo restare in silenzio davanti alla crudele manipolazione dei poveri”; una guerra che consumava fondi che potevano essere spesi nella lotta alla povertà. Pollard racconta della nascita, in soli cinque anni, di quel “messia nero” che diventerà l’ossessione del direttore dell’FBI Edgard Hoover.
Il film di Sam Pollard
Ma il lavoro di Pollard lascia aperte domande sul futuro ben più fondanti delle risposte sul passato.
In una Nazione il cui primo emendamento della Costituzione garantisce la libertà di culto, di parola, di stampa, di riunirsi pacificamente e il diritto di appellarsi al governo per correggere i torti, cosa si intende, concretamente, per libertà?
In una Nazione che ha costruito miti mondiali affidandoli alle rappresentazioni di quella grande industria filo governativa che si chiama Hollywood, quanto vale il primo emendamento? La vita privata di un premio Nobel per la Pace, definito dal suo nemico Hoover “il più grande bugiardo del mondo”, quanto inficia il giudizio pubblico? È giusto usare la vita privata per valutare il contributo di un uomo, un essere umano, alla storia dell’umanità? A uno dei padri delle lotte per i diritti civili è giusto chiedere la santità?
Il primo emendamento parla di correggere i torti. Le informazioni che arriveranno a partire dal 2027, dovrebbero essere usate solo per inquadrare meglio la vita privata di un uomo pubblico o anche per valutare il modus operandi del baluardo mondiale della democrazia nei confronti delle minoranze? Erano i neri a essere pericolosi per i bianchi? Oppure la paura dei bianchi ha giustificato un’aggressione sistematica e spesso rimasta impunita dell’America WASP nei confronti delle altre etnie? L’FBI di Hoover è morta con lui o quello che continua a vivere è il pensiero di cui Hoover era solo un portavoce? Hoover era un corrotto fuori dal sistema o era una delle facce del potere?
Un agente dell’FBI in pensione, intervistato da Pollard, crede che i nastri dovrebbero rimanere secretati. Sta difendendo la memoria di Martin Luther King Jr. o l’anima nera dell’America bianca? Il docufilm di Pollard termina il 4 settembre 1968, quando King viene ucciso.
“Finalmente libero, finalmente libero, grazie a Dio onnipotente sono finalmente libero”. Così il suo epitaffio.
Martin Luther King Jr. vs FBI. Un prequel di quello che sarà il film che vedremo a partire dal 2027 quando potremo ascoltare kilometri di nastri registrati.