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“Nella mano di King Kong”: a Milano la mostra che rende omaggio al maestro Carlo Rambaldi

“Nella mano di King Kong” è la mostra organizzata da Cineteca Milano in collaborazione con Fondazione Culturale Carlo Rambaldi, che resterà aperta fino a martedì 9 gennaio 2022

Nella Mano di King Kong al MIC – Museo Interattivo del Cinema di Milano, è un omaggio al maestro degli effetti visivi Carlo Rambaldi e a una delle sue più celebri creazioni. La mostra, nata dalla collaborazione tra la Cineteca Milano e la famiglia Rambaldi, in particolare i figli Daniela e Victor, intende onorare la memoria di un padre e celebrare quella del maestro scomparso nel 2012, uno dei più grandi talenti del cinema italiano nel mondo.

Carlo Rambaldi, ha vinto due Oscar ai migliori effetti speciali per “Alien” ed “E.T. l’extra-terrestre”, oltre che l’Oscar Special Achievement Award per gli effetti visivi di “King Kong”.

“Nella mano di King Kong”

Per la prima volta saranno esposti materiali della collezione privata di Rambaldi, tra cui acquarelli e bozzetti originali. Pezzo forte della mostra è la mano gigante di King Kong – dalle dimensioni di 6×2 mt – capolavoro insuperato di effetti speciali, per la prima volta esposta a Milano. 

Grazie all’unione delle tecnologie del Museo Interattivo del Cinema come monitoraggio VR e Game e dei documenti originali di Carlo Rambaldi, lo spettatore sarà catapultato negli anni ’70, in un viaggio attraverso i momenti topici della creazione di King Kong. Il pubblico potrà inoltre divertirsi con il videogioco arcade di Donkey Kong, e cimentarsi nell’esperienza di “doppiatori per un giorno” di alcune sequenze del film che saranno condivisibili sui social. Infine, ci saranno 4 VR di grandissimo impatto a tema “il mondo delle scimmie e King Kong”. 

Carlo Rambaldi, a Milano la mostra che rende omaggio al maestro

Intervista a Daniela Rambaldi, figlia di Carlo e vicepresidente della Fondazione Culturale a lui intitolata

Daniela Rambaldi, vicepresidente della Fondazione Culturale Carlo Rambaldi, era presente all’inaugurazione della mostra.

Una mostra su King Kong a novant’anni dal primo film. Il pubblico è ancora così affezionato a un personaggio così vecchio?

King Kong ha sempre il suo fascino. Il King Kong di mio padre è stato il primo dopo quello del 1933 e viene ricordato anche più di quelli venuti dopo. La reazione del pubblico è la stessa. Io lo considero ancora il più bello. Nonostante la tecnologia di oggi, con la computer grafica e l’animatronica integrata, il livello espressivo del volto di quello che mio padre realizzò nel 1976 è sempre quello più reale.

Carlo Rambaldi, a Milano la mostra che rende omaggio al maestro
Il maestro Carlo Rambaldi in una foto d’archivio posa nel pugno della sua creatura King Kong

Carlo Rambaldi era un genio degli effetti animatronici.  C’è ancora spazio per le macchine di suo padre nell’era del digitale?


Assolutamente sì. Da tre o quattro anni c’è un ritorno agli effetti speciali integrati. Significa che quello che si riesce a ottenere con la meccatronica, che dà quell’effetto reale, non si ottiene con il digitale, che ha quell’effetto cartoon. Per quanto si raggiunga un risultato di altissima qualità, quando si cerca l’espressione tipica degli esseri umani, si ricorre ancora oggi all’animatronica. 

George Lukas, in fase di rimasterizzazione di Star Wars, realizzò scene al tempo impossibili per mancanza di tecnologie…

È quello che fece Spielberg con E.T. in occasione del 20º anniversario, inserendo alcune scene in digitale. Ma erano scene palesemente diverse che rovinavano la qualità del film. Spielberg stesso ha dichiarato in un’intervista che si era pentito di averle inserite.

Tutti ricordiamo E.T. Nessuno ricorda mai Puck, nonostante Incontri ravvicinati del terzo tipo sia famosissimo…

Semplicemente perché Puck ha avuto una piccolissima parte alla fine del film. Già mio padre sottolineò come in fase di montaggio avessero sprecato un potenziale enorme. Avevano altro materiale da poter inserire e non lo hanno fatto. Puck si vede a malapena e non resta nella mente dello spettatore. E.T. è stato il protagonista del film. Lo si vede dall’inizio alla fine. Per questo tutti lo ricordano. Ma l’animatronica è la stessa.

Carlo Rambaldi, a Milano la mostra che rende omaggio al maestro
Carlo Rambaldi durante la progettazione di King Kong

E dopo quarant’anni ancora piangiamo con E.T. …

Credo che sia proprio questo il successo del film. È difficile dare un taglio netto dove inizia l’animatronica e dove finisce un personaggio che realmente rapisce il cuore. Non sembra neanche un robot…

Quali sono stati i progetti più complessi di Carlo Rambaldi?

King Kong è stato un kolossal, ma anche una sfida gigantesca: era alto quanto un palazzo.  Anche se ha avuto pochissimi movimenti, quella è stata la fatica maggiore. Alien è stata la sfida più grande dopo King Kong. Mio padre ha realizzato una testa completamente meccanizzata con 85 punti di movimento, in tre prototipi da usare a seconda delle riprese. Credo che l’Oscar sia stato giustamente meritato per il grande lavoro che c’era dietro.

Nel 1975 Dino de Laurentiis lo chiamò per King Kong. Da quel momento la sua carriera non si è mai fermata, con i tre Oscar per King Kong (1977), Alien (1980) ed E.T. (1983). Ma la strada per gli Oscar è stata lunga…

Hollywood gli ha dato l’opportunità di esprimersi al massimo. In realtà mio papà aveva già fatto molti film in Italia e molta gavetta. Il cinema in Italia arrivava sempre da lui all’ultimo momento, con un budget piccolissimo che avanzava dopo aver coperto gli altri costi. Hollywood gli ha dato altri strumenti, ma non è diventato bravo a Hollywood. Gli ha dato  un budget adeguato per realizzare le sue idee. Carlo Rambaldi nasce come pittore e scultore. La passione per il cinema arriva dopo…la passione di animare le cose statiche. Il cinema è stato il luogo dove ha potuto realizzare negli anni questo suo sogno.

Carlo Rambaldi, a Milano la mostra che rende omaggio al maestro

In Umbria, a Terni, provaste a creare un’accademia, ma non andò bene. Non erano maturi i tempi?


Lì c’è un discorso prettamente politico. Quando è nato questo progetto, mio padre non era a conoscenza che sarebbe terminato dopo il triennio. Non voglio entrare in polemica, ma da lì mio padre è venuto via molto deluso. Sarebbe stata una grande opportunità per i giovani interessati a questo lavoro. Come Fondazione Carlo Rambaldi stiamo lavorando per poter aprire un Academy a Milano. Ci siamo dovuti fermare a causa della pandemia, ma avevamo iniziato un tour mondiale con master class e workshop per dare l’opportunità a tutti i ragazzi, non solo a quelli che vivono nelle grandi città, di avvicinarsi al mondo degli effetti speciali. In Italia abbiamo figure validissime e a noi fa piacere dare loro l’opportunità di andare oltre oceano.

In GB c’è un parco divertimenti a tema per Harry Potter. Le creazioni di Carlo Rambaldi non erano abbastanza per un parco a tema?

Questo è il mio sogno nel cassetto. Negli anni Ottanta mio padre progettò un parco tematico che aveva chiamato Millennium: un parco interattivo, didattico e ludico. È un progetto che abbiamo rispolverato e che speriamo di realizzare nei prossimi anni. Ovviamente rivisto e corretto grazie alle tecnologie odierne. Speriamo quindi di essere anche più avvantaggiati nel realizzare il parco così come lui lo aveva visualizzato.

Nella mostra “Nella mano di King Kong” quali tecnologie innovative state usando?

La specialità, oltre ovviamente alla mano originale, sono i percorsi con esperienze di realtà aumentata che consentono di entrare nel processo creativo del film.

Con la Fondazione avete altri progetti?

Mio padre ha lasciato un patrimonio importante di progetti inediti. Presso la cineteca di Milano è partito il progetto di restauro delle pellicole, il recupero non solo di tutte le creazioni che ha lasciato, ma anche del cartaceo e di tutti i progetti che non aveva ancora realizzato. Nei prossimi anni cercheremo di capire cosa si può fare soprattutto per i bambini e i ragazzi: moltissimi progetti della nostra fondazione sono rivolti a loro.

La Fondazione Rambaldi sostiene due centri antiviolenza. Maison Antigone si occupa di attività di contrasto alla violenza su donne e bambini, con particolare attenzione alla violenza secondaria, quella agita nelle istituzioni. La Ginestra è un centro antiviolenza con sedi in Calabria. Quindi siete attivi anche nel sociale?

Queste sono due associazioni che conosco personalmente, ma la nostra fondazione è aperta a qualsiasi altra associazione chieda il nostro sostegno. L’impegno è principalmente di dare visibilità al problema e di spronare le persone in difficolta a chiamare queste associazioni che possono essere di supporto. Nei nostri eventi ci piace sempre inserire un evento di beneficenza. In questi giorni a Milano, ad esempio, sosteniamo la cooperativa Fabula Onlus, che si occupa di bambini autistici. Metteremo all’asta, attraverso una raccolta di Crowfunding, un dipinto fatto da un artista che collabora con la fondazione. Chi visita la mostra Nella mano di King Kong avrà l’opportunità di comprare un biglietto che costa due euro e cercare di aggiudicarsi un dipinto di King Kong di 1 m per 1,60 m. 

C’è un lato poco noto di suo papà?

Quello che pochi sanno, perché mio papà era un uomo molto schivo, è che era comico. Aveva un ottimo senso dell’umorismo. Forse quella parte un po’ bambina che gli artisti conservano sempre. 

Carlo Rambaldi, a Milano la mostra che rende omaggio al maestro


Quindi non si risentì per la c
andidatura ai Razzie Awards per i peggiori effetti visivi per King Kong 2?

No. Ma lì il problema non furono gli effetti speciali, perché la tecnica era la stessa collaudata con King Kong. Il problema fu la storia che non era vincente, il montaggio che era pessimo. Lo dichiarò anche mio padre.

Con E.T. riuscì a fare un miracolo. Il disegno originale era davvero bruttino…

In realtà E.T. fu il secondo film che mio papà salvò a Spielberg. Il primo fu “Incontri ravvicinati del terzo tipo”. Spielberg aveva assunto un team di americani per realizzare E.T. Le riprese iniziarono mentre Spielberg era a Londra. Quando rientrò, pochi giorni dopo, vide questo extraterrestre, completamente diverso da quello che lui si aspettava. Ricordo la telefonata di mezzanotte durante la quale Spielberg disse “Carlo, we have a problem”. Il giorno dopo si incontrarono. Mio padre, dopo aver letto la sceneggiatura disse: Steven ho bisogno di sei mesi per realizzare quello che mi chiedi. Lui gli rispose “no, ne ho solo tre  perché i contratti degli attori sono già stati firmati e ogni giorno di ritardo per me sono soldi. Devi fare il possibile in tre mesi”. E così fu. Anzi, se non ricordo male glielo consegnò tre o quattro giorni prima. 

Ricordo che il giorno della prima, all’uscita nel cinema c’erano giornalisti che chiesero a mio padre: tu hai pianto dopo aver visto recitare E.T.? Lui rispose: “in realtà avrei pianto se il primo giorno delle riprese non avesse funzionato. Lì si che avrei pianto”. Questa è lo humour di mio padre che pochi conoscono. 

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