È stato presentato a pochi giornalisti l’ultimo lavoro di Neri Marcorè “Ultimo Stop”. Diretto da Massimo Ivan Falsetta e prodotto Donatella Busini e Ipazia Production, “Ultimo Stop” fa parte di un progetto sul tema del suicidio assistito e sta per essere presentato nei più importanti festival cinematografici europei e internazionali. Nel cast Euridice Axen, Lucia Batassa, Costantino Comito, Alla Krasovitzkaya.
Protagonista della sceneggiatura di Massimo Ivan Falsetta, Neri Marcorè, ironico, sornione e divertente anche prima del suo “Ultimo stop”. L’attore interpreta Nicodemo Prosa, un regista sulla sessantina, malato gravemente e non autosufficiente. Persa la stima di sé stesso, decide di recarsi in Svizzera per lasciare la vita terrena. Nella clinica, coinvolgendo lo staff medico, dirige la sua ultima scena. La più importante. Ma potrà dire per l’ultima volta “Stop”? No, una volta bevuto il contenuto del bicchiere, si addormenterà.
Un regista che non può dare il suo ultimo stop. Un regista che trascorre la sua festa di addio alla vita in una sala cinematografica con i suoi amici più cari. “Ultimo stop”: un corto di venti minuti per raccontare i quindici che sono necessari per passare oltre secondo i protocolli svizzeri. Venti minuti pieni di luce per accogliere una libera decisione, illuminando personaggi diversi, con idee diverse, su un tema comune.
Neri Marcorè in “Ultimo stop”
Il film è una riflessione senza ipocrisia per provare ad abbattere le barriere del pregiudizio. L'”Ultimo stop”, quello che ognuno di noi dovrebbe dare alle battaglie demagogiche affrontate senza sapere, senza conoscere, senza aver mai sperimentato. Senza chiedersi cosa affronta chi subisce una condanna per una pena che non ha mai commesso. “Ultimo stop” è un corto che parla di una cosa che terrorizza molti, la vita, quella intera che va dalla nascita alla morte. Perché anche quella fa parte della vita. Abbiamo scambiato qualche battuta con Neri Marcorè.
Stavolta la vedremo in un corto. È il formato migliore per arrivare allo spettatore? Sentimenti forti condensati in poco tempo, un messaggio forte che colpisce diretto…
Neri Marcorè: L’obiettivo di questo corto è quello di innescare un dibattito su un tema delicato, presente nelle nostre vite, ma non nella nostra legislazione, e che preme per entrare a farne parte. È un argomento sentito da larghe parti della società laica, civile. La situazione è nota ed è ipocrita non regolamentarla sul nostro territorio. Sappiamo che basta oltrepassare i confini per poter praticare il suicidio assistito. Penso sia meglio superare ogni forma di ipocrisia e regolamentare questo tipo di scelta, per chi voglia farla, su suolo italiano.
Essendo un’opera incentrata su un tema etico, che sia corto o lungo non cambia nulla, l’importante è innescare un dibattito.
Papa Francesco ha sostenuto che, parlando dell’aborto, è come obbligare qualcuno a diventare un assassino. È lo stesso per l’eutanasia?
Neri Marcorè: La posizione della Chiesa è rispettabile e legittima. Nessuno si aspetta che la Chiesa dica che la vita donata da Dio possa essere tolta dagli uomini. Per loro Dio la dà e Dio la toglie. Quello che è giusto pretendere, come società civile, è che lo Stato italiano, all’interno delle istituzioni, colmi questo vulnus che al momento è evidente. Anche se lo Stato italiano risente molto, magari per convenienze elettorali, della posizione della Chiesa, ritengo sia giusto rivendicare la laicità dello Stato. Trovo inutile attaccare la posizione della Chiesa rispetto ai temi etici, ma dobbiamo pretendere che lo Stato prenda la sua posizione a prescindere da quella della Chiesa.
Quindi è demagogia trattare da assassino chi aiuta a trapassare? Si vuole condannare un essere umano a quel fine pena mai che ormai non sconta più nessuno?
Neri Marcorè: Esatto. Dobbiamo poi distinguere tra eutanasia e suicidio assistito. È un discrimine che sembra sottile, ma che fa la differenza. Nel momento in cui una persona cosciente, vigile, che ha la capacità per decidere della propria vita, esercita questa facoltà, deve essere messo nelle condizioni di portarla avanti con l’aiuto di qualcuno. Nel caso del film, il personaggio della dottoressa non è assimilabile a quello di un’assassina. È lo strumento attraverso il quale il mio personaggio porta avanti una propria libera scelta. È lui che avendo la capacità di avvicinare le labbra al bicchiere, decide di berne il contenuto. Potrebbe non farlo. È un’azione attiva.
Nel cinema assistiamo a una carenza di storie simili per mancanza di autori o di coraggio dei produttori?
Neri Marcorè: Il cinema, con la sua immediatezza nel raggiungere più persone contemporaneamente e immediatamente, credo abbia da sempre il compito di smuovere coscienze e stimolare dibattiti. Non credo che ci sia coraggio nell’ideare o nel produrre un film simile. C’è semplicemente l’esigenza che l’arte ha, di creare movimento, di creare lo stimolo a prendere posizione rispetto a temi etici.
Riesce ad essere leggero in un ruolo drammatico, a trattare un argomento controverso senza polemica…
Neri Marcorè: Il pubblico senza dubbio si dividerà tra i due protagonisti della storia. Vicende come quelle di Welby e dj Fabo evidenziano i vuoti della legislazione italiana. Dovremo adeguarci a una società che si evolve e credo che col tempo arriveremo al rispetto delle decisioni dei singoli. Il filo rosso che scorre lungo tutto il film è il rispetto. Ogni personaggio ha una sua posizione, ha un suo modo di affrontare questo dramma, ma ognuno rispetta l’altro. Spero non mi capiti mai: non so cosa deciderei. Magari resisterei finché ho le facoltà intellettive. Non lo so.