Il Direttore Creativo Pierpaolo Piccioli continua il processo di ri-significazione dei codici della Maison, in un dialogo con la storia recente e contemporanea della ricerca artistica e visuale. Il progetto è curato da Mariuccia Casadio e Jacopo Bedussi e realizzato negli spazi del T-10 di SKP South di Pechino. Sarà aperto al pubblico dal 17 ottobre al 7 novembre 2021.
Pierpaolo Piccioli, direttore creativo della maison Valentino, dopo Shangai porta a Pechino il secondo capitolo della rilettura dei codici della maison. La mostra, intitolata “Valentino Re-signify, Part II, Beijing”, è a cura di Mariuccia Casadio e Jacopo Bedussi. È realizzata negli spazi del T-10 di SKP South di Pechino, ed è in programma dal 17 ottobre al 7 novembre.
“Valentino Re-signify Part II”: gli artisti e le loro opere di ri-significazione
Cao Fei, Xu Zhen, Gioele Amaro, Robert Muller, Liu Shiyuan, Cheng Ran, Shen Xin, Xu Wenkai, AMKK, Jonas Mekas. E poi Yeesookyung, Nick Knight, Jacopo Benassi, Robert Del Naja, Wu Rui, Alessandro Teoldi.
Questi sono gli artisti che in Valentino Re-signify, Part II, tramite percorsi e linguaggi molteplici e tra loro incoerenti, perché poeticamente personali, si sono trovati a interrogarsi sugli stessi temi che nelle opere scelte sono stati indagati.
Gli abiti scelti da Pierpaolo Piccioli, provenienti dall’archivio della Maison, dall’Haute Couture recente e contemporanea incluse le collezioni Valentino Of Grace and Light e Valentino Code Temporal, e dalla sfilata Prêt-à-Porter Valentino Act Collection, ed esposti su manichini Bonaveri, si immerge in questo terreno fluido con diverse intensità di presenza e concentrandosi in momenti che producono relazioni ed equilibri autoriali con le singole opere.
Gli spazi del T-10 di SKP South di Pechino
Nella mostra “Valentino Re-signify, Part II” rapporto tra abiti e opere non è univoco e non è analitico. È invece sensibilmente e semplicemente percettibile e leggibile, o meglio intuibile. Connessioni che sono visibili ma instabili, perché esistenti in una struttura liquida.
Una struttura razionalmente aperta che non prevede una fruizione unidirezionale ma invita a perdersi, ad esplorare, seguendo ciò che ognuno percepisce come attraente. In questo spazio, la successione degli elementi messi in campo non segue rapporti consequenziali o di causa ed effetto. Una rarefazione dei segni a cui si contrappongono gli ipotetici punti di caduta dei temi principali, che si manifestano come momenti densi di stimoli sensibili, scatole magiche e caleidoscopiche in cui il VLogo Signature, lo Stud, L’Atelier e la personalissima accezione che Pierpaolo Piccioli dà alla parola Couture, si manifestano come miraggi lisergici.