Un’infanzia difficile, tra il complicato rapporto con il padre ed il bullismo. Poi, la voglia di inseguire i suoi sogni, la partenza per gli Stati Uniti con i primi soldi messi da parte, e la svolta. Ha lavorato con i più grandi, da Madonna a Michael Jackson, da Prince a Whitney Houston.
Ballerino e coreografo, attore, regista e direttore artistico, ma Luca Tommassini è molto di più. È un artista sopra le righe, dalla personalità travolgente, che ha saputo conquistarsi uno spazio di primo piano attraverso la sua creatività ed il suo immenso talento.
Un’infanzia difficile, cresciuto in una famiglia povera con un padre assente e violento. È sempre stato insicuro, ha avuto problemi di timidezza ed è stato vittima di continui attacchi di bullismo, ma la danza l’ha aiutato ad evadere dalla sofferenza. Ha iniziato a ballare fin da bambino, iscrivendosi alla scuola di danza di Enzo Paolo Turchi.
Luca Tommassini, la carriera del ballerino e coreografo italiano più amato e conosciuto negli Stati Uniti
Ha debuttato giovanissimo, nel 1987, al fianco di Lorella Cuccarini in “Festival”, condotto da Pippo Baudo. Ha poi lavorato in moltissimi spettacoli, ballando ancora con la Cuccarini e con Heather Parisi. Nel 1993 decide di trasferirsi in America, e la sua carriera ha una svolta clamorosa.
Madonna lo sceglie come primo ballerino per il suo tour mondiale “The Girlie Show”, partecipa anche al video di “Human Nature” e al musical “Evita”. Da quel momento, tutte le star statunitensi vogliono Luca Tommassini nei loro spettacoli. Balla con Diana Ross, con Prince, con Whitney Houston, con Kylie Minogue, con Janet Jackson. E riesce a realizzare un altro suo grande sogno: quello di ballare con colui che, sin da bambino, è stato il suo mito, il suo idolo: Michael Jackson, che nel 1997 lo chiama a ballare nel video di “Blood on the dance floor”. Come coreografo ha collaborato inoltre con Geri Halliwell nel celebre video “It’s raining men” e in quello di “My chico latino”, curando poi la regia del videoclip di “Ride it”.
Nei primi anni Duemila rientra in Italia e lavora con Paola e Chiara, con Giorgia (della quale cura il restyling dell’immagine), torna a lavorare con l’amica Lorella Cuccarini e con Ambra Angiolini, Elisa, Marco Mengoni, Anna Tatangelo. Per 10 anni è coreografo dell’edizione italiana di “X Factor”, e nel 2018 è direttore artistico del serale di “Amici”.
Recentemente lo abbiamo visto all’Eurovision Song Contest come direttore artistico della cantante italo eritrea Sehnit, che ha rappresentato la Repubblica di San Marino.
Ci racconti i tuoi inizi, con pochi soldi in tasca e un sogno da inseguire?
Luca Tommassini: Ho iniziato da bambino, a 9 anni, in una scuola di danza che aveva aperto sotto casa mia. Ho cominciato subito dopo a lavorare in televisione, nei film, e nelle pubblicità, quando avevo circa 11 anni. Con la musica ho iniziato a sognare, e grazie alla danza sono riuscito a realizzarli, quei sogni. Soprattutto quelli di viaggiare e di avere una vita decente. Tant’è vero che con i primi soldi che ho guadagnato, a 16 anni, sono andato in America.
Ballare ti ha aiutato a superare anche problemi personali, ti va di parlarcene?
Luca Tommassini: Assolutamente si. Sono stato molto condizionato dalla mia situazione familiare e da un padre violento. Stavo sempre in silenzio, mio padre si vergognava della mia “S” moscia. Venivo aggredito e deriso per strada. Molto spesso era complicato persino arrivare alla scuola di ballo, anche se distava solo 100 metri da casa mia, che avevo ribattezzato “i 100 metri della passione”. La danza mi ha fatto incontrare dei personaggi, grandi persone soprattutto, che mi hanno aiutato a superare queste fasi. Che poi, con il bullismo vieni segnato per tutta la vita.
Tant’è vero che, recentemente, è successo un episodio che mi ha sconvolto. Ho trovato un bigliettino sul mio citofono con scritto “Vattene, frocio” . Questa cosa mi ha riportato in quella dimensione brutta, pensavo di averla superato anni fa ed invece all’improvviso mi sono ritrovato nel mio letto, sotto le lenzuola, a piangere. È una fragilità che ci si porta dietro e non si supera mai, è come una ferita aperta.
Michael Jackson era ed è il tuo mito, più volte hai detto che ti ha aiutato a superare momenti molto brutti…
Luca Tommassini: Michael Jackson è stato il mio unico idolo. Tanto che quando ho iniziato a lavorare con Madonna, in confidenza, le dicevo sempre: «Guarda tu che sfiga la vita, volevo ballare con Michael e mi ritrovo a ballare con te!». Michael mi ha aiutato perché quando sentivo la sua musica sorridevo e ballavo, per me era come una cura per l’anima. Aveva quella dolcezza nella voce e quella forza nel ballare nella quale mi ritrovavo molto. Credo sia proprio per lui il motivo per il quale ballo. “Thriller” è stato importante perché in quel video sognavo l’America, sognavo di ballare al suo fianco. Nel mio primo viaggio a 16 anni, con tanta paura, è stata la speranza di poter lavorare con lui a darmi coraggio.
Com’è stato poi conoscerlo e lavorare al suo fianco?
Luca Tommassini: Incontrarlo è stato micidiale. Mi sono ritrovato in sala prove, è entrato il coreografo e ha detto: «Luca, fai vedere la coreografia a Michael». Eravamo una ventina di ballerini, ma nutriva una simpatia per me, quindi mi era sempre vicino, mi portava a giocare ai videogiochi. Michael aveva questo atteggiamento molto infantile, da puro sognatore.
Tra i tanti artisti con cui hai lavorato, ricordiamo anche Madonna. Com’è iniziato tutto?
Luca Tommassini: La prima volta che l’ho incontrata è stato durante un pranzo a casa sua, veramente impressionante. Tempo dopo mi sono ritrovato ad una sua audizione. Mi sono presentato insieme ad altri ballerini e me la sono sudata, giorni e giorni dove ci hanno testato su vari fronti coreografici. Ad un certo punto poi ci ha anche chiesto di raccontare una barzelletta. La mia risposta è stata: «Io odio le barzellette!». Era nato un po’ un rapporto di sfida, tra me e lei. Dopo il provino sono andato a cena con alcuni amici, ed ho scoperto di essere stato scelto da Madonna come primo ballerino per il suo tour mondiale.
Com’è nato invece il rapporto con Senhit e come hai vissuto l’esperienza all’Eurovision?
Luca Tommassini: MI ha chiesto un appuntamento tramite il suo manager dell’epoca, che conoscevo molto bene, e quindi decisi di ospitarla a casa mia. L’ho trovata da subito un gran talento, mi piaceva questa sua voglia di arrivare e di parlare al mondo, cosa che in Italia forse c’è poco. Con Senhit si è creato un rapporto speciale fin dall’inizio. Abbiamo sofferto tanto il primo anno di pandemia, ed dovuto fare tutto a distanza, onile. Molti cantanti nei decenni passati mi avevano chiesto di fare l’Eurovision, ma non ho mai partecipato perché avevo sempre altri impegni. Quest’anno finalmente ci sono riuscito, anche se è stato molto difficile per le restrizioni dovute al Covid, ma ho amato quest’esperienza con Senhit. Eravamo molto contenti e soddisfatti. Un’avventura forte che ci ha uniti umanamente.
Perché e quando è avvenuto il passaggio da ballerino a coreografo?
Luca Tommassini: Mi piacciono le sfide: non mi tiro indietro davanti alle difficoltà, ma le supero perché la mia testa inizia a creare. Per me parte tutto dall’idea: quando ne ho una, devo sempre portarla avanti da guerriero come sono fin da bambino. E queste idee mi hanno portato poi ad invadere altri campi. Tutto quello che faccio, lo faccio con grande impegno.
Sei stato anche il coreografo di “Carramba! Che sorpresa”, uno dei più grandi successi televisivi di Raffaella Carrà. Qual è il ricordo più caro che hai di lei?
Luca Tommassini: Il ricordo più bello di Raffaella sicuramente è il nostro primo incontro, ero terrorizzato. Ero bambino, e il mio insegnante Enzo Paolo Turchi mi ha portato a conoscerla mentre eseguivano una coreografia alla Fontana di Trevi. Sono stato tutta la notte a guardarli ballare. Raffaella mi parlava, mentre io non rispondevo dalla paura. Anni dopo lei ha chiesto di me, e ci siamo ritrovati. Mi ha detto: «Tu mi devi trattare da rockstar maschio». L’ho trovata di una tenerezza e di una bellezza… trasmetteva un grande entusiasmo, lo stesso che abbiamo visto in televisione. Aveva questa passione anche nel raccontarsi nella vita privata. È stato veramente un dono lavorare con lei.
Sei uno degli artisti più innovativi, da dove nasce questa tua capacità?
Luca Tommassini: Nasce tutto dalla mia testa. Da bambino avevo poco, non avevo la cameretta e dormivo sul divano con mia sorella. Quindi ho iniziato a fantasticare, quando per strada mi urlavano contro, dentro di me mi immaginavo di stare in un musical, e cercavo di cantare più forte possibile. Il fatto di dover di cercare continuamente degli stimoli, il modo per sopravvivere, mi ha spinto ad essere sempre curioso. Io cerco sempre l’emozione, che prima vivo su me stesso, e poi cerco di far vivere al pubblico.
Molte persone, anche a causa della pandemia, sono state costrette ad abbandonare sogni e ambizioni. C’è un messaggio che vorresti mandare loro?
Luca Tommassini: È un momento delicato. È facile parlare dalla mia casa, dalla mia posizione, dalla situazione comoda che ho. Nell’ultimo anno e mezzo ho cercato di non fermarmi mai, ho iniziato a creare e generare lavoro, a inventarmelo e a produrlo. Il problema è che oggi non si tratta più di sogni, ma di soldi e realtà. So cosa significa non avere soldi per mangiare. Ho dormito per strada, quindi so cosa vuol dire non poter pagare l’affitto, è un tema un po’ complesso. Cosa posso dire…bisognerà tornare a sognare insieme!