“Appunti di un venditore di donne”, tratto dall’omonimo bestseller di Giorgio Faletti, edito da La nave di Teseo, trova nuova vita nella versione cinematografica prodotta da Èliseo entertainment e Rai Cinema. Protagonisti Mario Sgueglia, Miriam Dalmazio, Paolo Rossi e Francesco Montanari. Nel cast anche Libero De Rienzo, Antonio Gerardi, Claudio Bigagli, Michele Placido e Cristina Marino.
Scritto e diretto da Fabio Resinaro, “Appunti di un venditore di donne” riporta lo spettatore in un film anni 70 senza ricreare un film retrò. In un ambiente privo di etica, dove vige la regola mors tua vita mea, gli attori del cast si incontrano come pezzi di un puzzle, dando origine a personaggi dalle sfumature poliedriche, dai tratti a volte appena accennati, tessere di un racconto che narra dell’abbrutimento umano. E, forse, di una possibile rinascita.
Girato quasi sempre in notturna, la pellicola trascina lo spettatore tra la nebbia e le luci al neon di una Milano un po’ esagerata, come lo sono in genere i ricordi degli anni andati; una Milano a tratti gotica dove credi di perderti, mentre ti stai perdendo nella mente di Bravo. «Come tutte le cose che hanno una fine nella morte, anche questa ha un suo piccolo inizio. Tutto è cominciato quando ho capito che c’erano delle donne disposte a vendere il proprio corpo per avere del denaro e quando mi sono reso conto che c’erano uomini disposti a spendere il proprio denaro pur di avere quel corpo. Ci vogliono avidità un rancore o cinismo per essere nel mezzo di questo scambio. Io ti avevo tutti e tre».
“Appunti di un venditore di donne”
Il film avrebbe meritato di essere goduto sul grande schermo. «Esce direttamente in streaming perché la sala, in un simile momento, non aiuterebbe la diffusione di un prodotto che merita invece di ottenere la giusta visibilità. Per questo abbiamo optato per un suo debutto su Sky». Così l‘AD di Rai Cinema Del Brocco in apertura di conferenza stampa.
“Appunti di un venditore di donne” sarà in prima visione assoluta su Sky Cinema Uno venerdì 25 giugno alle 21.15. Disponibile on demand e in streaming su NOW.
Se il libro aveva una trama complessa, che si prestava a una trasposizione cinematografica, è anche vero che risultava avere due anime: una prima parte più descrittiva e introspettiva, e una seconda parte, più schematica e veloce, che ha maggiormente le caratteristiche in un thriller. La bravura di Fabio Resinaro è stata quella di potenziare i punti di forza del libro di Faletti, riducendone le fragilità. La stessa frase di sicuro effetto che apre il libro, che comunica una peculiarità importante del protagonista, viene postposta nella seconda parte della pellicola. Quello che Faletti mette nel prologo, Resinaro lo lascia al termine della storia.
Spostando il climax, il regista in “Appunti di un venditore di donne” mantiene alta l’attenzione dello spettatore fino alla fine della pellicola. Quello che all’apparenza è un tradimento del testo, diventa il modo per rendere la narrazione di Faletti ancora più potente. I tagli resi obbligatori dal differente tempo filmico, contribuiscono ad accelerare il ritmo della narrazione, accentuando l’aspetto thriller di un noir ben costruito. Complice della riscrittura di Resinaro sono la fotografia di Paolo Bellan e il montaggio di Luciana Pandolfelli. Ottimo e affiatato il cast, che beneficia di figure di spicco come Michele Placido, Paolo Rossi e Francesco Montanari.
Le parole del regista Fabio Resinaro in conferenza stampa
Le scelte drammaturgiche sono spiegate dal regista: «Avevamo questo straordinario romanzo da cui partire, che ha la capacità di creare atmosfere ben precise. L’opera fa riferimento a tutta la cinematografia degli anni ‘70. Il mio lavoro è stato quello di calarmi nei panni degli autori di quel decennio chiedendomi come avrebbero raccontato questa storia, avendo però a disposizione le tecniche attuali.
Dal punto di vista del linguaggio filmico non è una via di mezzo tra lo stile tipico di quegli anni e il moderno. Ho voluto evitare anche la riproposizione vintage, puntando invece alla reinterpretazione delle ambientazioni del passato attraverso uno sguardo più moderno.
Il mio obiettivo era quello di portare il mio narratore indietro nel tempo. In questa operazione, la sfida più grande erano gli ambienti».
Resinaro: «La cosa più importante erano le atmosfere»
«Ho girato sapendo che poi avremmo lavorato in post produzione per modificare i fondali», prosegue il regista. «Ho deciso di muovere le camere senza porci limiti, incoraggiando tutti ad operare come se ci trovassimo a girare davvero, fisicamente, nel 1979; consapevole che questa modalità avrebbe comportato un grande lavoro di post-produzione, per la ricostruzione dei fondi di una città profondamente cambiata.
La cosa più importante erano le atmosfere. È un film notturno, che parla di criminali, di disobbedienti. Il lavoro che cerco di fare è quello di riportare le tematiche nelle immagini. La composizione delle immagini, il movimento degli attori, i rapporti di forza dei personaggi, è la mia chiave di lettura della storia.
Ho insistito per fare anche la sceneggiatura perché sentivo di comprenderne la storia, il sistema dei genitori che opprimono i figli. Bravo (Mario Sgueglia), alla fine, si prende la sua piccola vendetta, ma non si fa corrompere o trascinare in un vortice senza fine di odio e rancore.
L’auspicio è che anche lo spettatore possa vivere questa sensazione di spostamento temporale e possa reimmergersi in quel clima di fine anni ’70».
Luca Barbareschi: «Nel film una Milano scomparsa, un mondo che non c’è più»
Dietro alla riuscita di questo progetto, spicca la figura di Luca Barbareschi, che lo ha prodotto con la sua Eliseo Entertainment. Sua la scelta del testo e del regista.
«Ho avuto l’occasione di conoscere Faletti. Leggevo i suoi romanzi e questo è quello che mi aveva maggiormente colpito. Ha in sé il tema di Crono che mangia i figli. Quelli della mia generazione hanno avuto padri grandi, ingombranti, che hanno fatto la storia, che, in alcuni casi, hanno fiancheggiato il terrorismo. Nel libro di Faletti si ritrovano appunti sugli anni del terrorismo. Il libro ha un incipit terribile: io mi chiamo Bravo e non ho il cazzo. Questo suo stato è, secondo me, la metafora di una generazione».
Barbareschi ha poi raccontato della sua ricerca di uno sceneggiatore di successo per la trasposizione del libro: «Quando ho detto a Resinaro che serviva uno sceneggiatore, mi ha detto: lo scrivo da solo. Non volevo discutere. Era venerdì e gli ho detto: pensaci nel weekend. Il lunedì mi ha chiamato e ha detto: guarda nella posta, c’è la sceneggiatura. Era un’ottima prima stesura».
Quello che ha colpito Barbareschi è stata la ricostruzione della Milano dove è vissuto. «È una Milano scomparsa. La mala milanese che trovavi al Derby, al Jazz. Un mondo che non c’è più. Milano è poi diventata la capitale della moda, è diventata altro. Milano era una città dove non volevi mai andare a dormire. Anche al William’s c’era di tutto, ma non c’era giudizio morale, solo la voglia di far tardi».
Paolo Rossi: «Ho conosciuto Faletti ai tempi del Derby»
Paolo Rossi (Daytona) è l’altro artista del cast che ha vissuto quella “Milano di notte” e interpreta un personaggio ispirato alla realtà.
«L’ho conosciuto. Era grosso e grasso. Si chiamava Le Mans perché rubava macchine. Ho conosciuto anche Faletti, quando lavoravamo al Derby. Faceva quella che oggi chiamano stand up: noi lo chiamavamo cabaret. Era un ambiente borderline che credo che abbia influito sulla fantasia di Giorgio. Quella Milano è tipica del teatro canzone milanese, dove trovi la commistione tra malavita, borghesia e politica. Negli ultimi anni cambiò tutto. Ero presente alla retata con cui chiuse il Derby. Uno della narcotici si era finto appassionato del teatro comico. Mi chiese di mostrargli il locale e lo feci entrare. Fui uno dei quattro non arrestati. Mi disse che in fondo ero una brava persona. Gli dissi che mi piacevano i pastori tedeschi e mi regalò un cane della narcotici che non riuscivano ad addestrare. Dopo pochi giorni glielo restituii dicendogli che era addestrato benissimo: aggrediva tutti quelli del quartiere dove abitavo. Conoscevo quell’ambiente ed è stato interessante portarlo sul set».
Il cast del film
Affiatato il cast, composto da Mario Sgueglia, Miriam Dalmazio, Libero De Rienzo, Paolo Rossi, Francesco Montanari, Antonio Gerardi, Claudio Bigagli e Michele Placido.
Anni fa la regia era stata proposta a Michele Placido. «Mi diedero questo libro da leggere per farne una regia», racconta. «Lo trovai affascinante, ma non mi sentivo pronto. Poi ho fatto “Vallanzasca” e “Romanzo criminale”. Resinaro è un giovane eccezionale che appartiene a una generazione di registi più preparata rispetto alla nostra. È un ragazzo che dialoga molto con gli attori. Credo sarà una grande operazione».
La sinossi di “Appunti di un venditore di donne”
È il 1978. Nella Milano da bere, dove Vallanzasca comanda la mala, la situazione sociale e politica è drammatica. Sullo sfondo spiccano gli eventi funesti di quegli anni, i giorni bui del rapimento dell’onorevole Aldo Moro, la criminalità organizzata, i servizi segreti, le Brigate Rosse. Il clima generale è quello di un impero che non vuole fare i conti con la realtà. Il mondo della luce sembra ignorare quel che succede la notte. Ma la storia insegna che le due sfere sono permeabili e penetrabili e quando questo accade, gli eventi sono quasi sempre devastanti.
È mattina, sono le sei. Due uomini escono dall’Ascot Club. Uno è Bravo, interpretato da Mario Sgueglia, che vive la sua vita tra locali di lusso, discoteche e bische clandestine in compagnia dell’amico Daytona, interpretato da Paolo Rossi. Bravo si definisce un imprenditore. Il suo settore sono le donne. Sì, perché lui le vende. Ma la vita di un venditore di donne non è facile. E l’arrivo di Carla, interpretata da Miriam Dalmazio, risveglia in lui sensazioni sopite da tempo.
Una serata fuori da una bisca cambia tutto. Le identità si confondono, i ruoli anche. Gli amici diventano nemici, i nemici alleati. Padri, figli, compagni, amanti; i rapporti si polverizzano come le sostanze stupefacenti sui tavoli dell’Ascot. E i sentimenti tornano a minacciare la fredda routine del professionista scettico. L’incontro dei due mondi si frammenta in tante piccole deflagrazioni consequenziali travolgendo cabine telefoniche, pacchetti di sigarette, banconote, poliziotti, prostitute, criminali. Una raffica di mitra, la fuga, l’inseguimento e un destino segnato da un mantra che riecheggia ripetutamente ‘Solo gli stupidi e gli innocenti non hanno un alibi’. Non si tratta però dell’inizio di una nuova vita. È l’inizio della fine.
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Photo Credits: Federica Di Benedetto©