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Antonella Ferrari a Sanremo: «Sono un’attrice, e non un’attrice malata»

Antonella Ferrari, il monologo a Sanremo 2021
Antonella Ferrari è stata ospite della terza serata del 71esimo Festival di Sanremo. L’attrice, da anni testimonial AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), dal palco dell’Ariston ha lanciato un messaggio molto importante.

Ieri sera Antonella Ferrari, ospite del Festival di Sanremo, ha realizzato un sogno: festeggiare i suoi primi vent’anni di carriera sul palco del Teatro Ariston. L’attrice è stata protagonista di un monologo molto intenso che ha emozionato tutti. E il pubblico da casa le ha fatto sentire il suo abbraccio, seppur virtuale, dedicandole una serie di tweet e post.

Antonella Ferrari ha festeggiato vent’anni di carriera a Sanremo 2021

Antonella Ferrari a Sanremo ha recitato un monologo tratto da “Più forte del destino”, lo spettacolo teatrale che negli ultimi anni ha portato in tour facendo registrare ovunque sold out. Uno spettacolo che porta lo stesso titolo del suo romanzo autobiografico, edito da Mondadori, in cui racconta la sua storia fatta di dolore e coraggio.

«Festeggiare i miei venti anni di carriera al Festival di Sanremo è il più bel regalo che potessi ricevere. Tutto questo periodo di fermo, imposto dall’emergenza sanitaria in corso, è stato ripagato da quel palco immenso che sognavo sin da bambina e che finalmente sono riuscita a calcare» – commenta Antonella Ferrari, che aggiunge: «È stata un’emozione grandissima poter portare la mia arte e dimostrare che sono semplicemente un’attrice, e non un’attrice malata»

Dalla città dei fiori l’artista, testimonial Aism (Associazione Italian Sclerosi Multipla), elegantissima in un abito rosso di Antonio Riva Milano, ha voluto così lanciare un messaggio molto importante.

Antonella Ferrari, il monologo a Sanremo 2021

Il monologo di Antonella sul palco dell’Ariston

«Io non sono la sclerosi multipla. Io sono Antonella Ferrari». Inizia così il suo monologo. L’attrice prosegue poi: «Sono stanca, sono stanca, dottoressa… Che cosa si può fare?  Che cosa possiamo fare? Altri esami?
Quindi li devo rifare tutti?  No no no, dottoressa, io non sono preoccupata. Io sono solo stanca. Io voglio sapere che cos’ho. Allora l’avete scoperto il mio nemico? Sì, si chiama sclerosi multipla.
Perché tutto questo tempo, dottoressa? Perché tutto questo dolore? Quindi… Quindi lei mi crede?
Lei non pensa che io sia una matta…Perché sorrido? Perché adesso non devo più vergognarmi di dire ciò che provo, non mi devo più nascondere. Se sono spaventata? No, dottoressa.
Lei non ci crederà ma io sono addirittura sollevata. Io so che da oggi inizia la mia nuova vita alla luce del sole. Da oggi potrò ricominciare a camminare in mezzo alla gente. Senza timore. Senza nascondermi. Da oggi potrò smettere di avere paura della paura. Non sarò più l’ombra claudicante della mia malattia.
Ma sarò io, semplicemente io. In cammino, luminosa, anche quando sarà buio».

Un messaggio a favore dell’inclusività anche nel mondo dello spettacolo

Numerosi i commenti e i messaggi di affetto e di incoraggiamento dal popolo dei social per questo potente messaggio di forza e di coraggio, e contro le discriminazioni. Qualche mese fa, commentando le nuove regole inclusive degli Oscar secondo le quali, a partire dal 2024, il 30% del cast, sia artistico che tecnico dei film dovrà includere anche minoranze i disabili, Antonella Ferrari aveva commentato: «Sono veramente felice che una prestigiosa istituzione come quella degli Oscar abbia preso questa decisione, soprattutto in un ambiente che spesso manca di inclusività. È bello che ci sia così tanta attenzione, anche perché credo che il mondo sia pieno di attori diversamente abili che hanno il bisogno e il desiderio di dimostrare che sanno recitare, anche perché per farlo non bisogna saper correre. Io, per esempio», ha proseguito l’attrice, «in Italia trovo tantissime difficoltà proprio per la mia disabilità. Non mi viene palesemente detto, ma i fatti dimostrano che il mio cammino artistico è frenato dallo status di salute, perché si guarda più la mia cartella clinica che il mio curriculum e mi dispiace».

 

 

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