Ricorre domani il cinquantesimo anniversario della morte di Coco Chanel. Il 10 gennaio 1971, Parigi e il mondo intero dicevano addio alla donna che rivoluzionò la femminilità, partendo dalla moda. La sua storia è raccontata all’interno di due nuovi libri dedicati alla sua eterna modernità e alle tre sorelle della celebre maison.
Il 10 gennaio è un anniversario da ricordare. Si celebrano i 50 anni dalla morte di Coco Chanel, la donna che liberò le donne da corsetti e stecche. Una persona che seppe trasformarsi in icona fashion e non solo. La cappellaia che rivoluzionò il concetto di femminilità, non solo sartoriale.
Per celebrare la sua morte, le sono stati dedicati due libri: “Le sorelle Chanel”, scritto da Judithe Little e “Coco Chanel” di Annarita Briganti (Cairo).
La celebrazione dei 50 anni dalla morte di Coco Chanel: la stilista esordisce come cappellaia
Gabrielle Chanel odiava l’eccesso di orpelli, le crinoline e le stecche di balena. «Guardale, – commentava indicando le signore mentre passeggiava sulla spiaggia con Boy Capel, l’imprenditore di Newcastle, unico vero amore della sua vita, in una scena del film di Anne Fontaine – sembra che in testa portino delle meringhe, non dei cappelli». Abbandonate dal padre dopo la morte della madre in un collegio di suore, lei e le sue sorelle cominciarono a imparare l’arte del cucito. Trascorsa una parentesi di vita oziosa tra feste e cavalcate nella villa del suo primo amante e primo finanziatore, Étienne de Balsan, Gabrielle nel 1909, incoraggiata da Boy, aprì un primo negozio di cappelli a Parigi, pietra miliare del suo inarrestabile successo che si fermò in rue Cambon, sede di quella che divenne la più celebre maison del mondo.
Coco Chanel e la creazione dell'”abito perfetto”, che avrebbe rivoluzionato la storia del costume femminile
Tagliare, cucire, semplificare gli abiti, l’infinito agire della sarta in azione, con la sigaretta sempre accesa tra le mani, era la sua vera passione. Suo unico desiderio era diventato a quel punto quello di voler realizzare l’“abito perfetto”, quello che avrebbe rivoluzionato la storia del costume femminile dei primi del Novecento. Un paio di forbici aperte, a indicare il suo destino all’opera, avrebbe potuto essere inciso sullo stemma di Gabrielle Chanel. In questa metafora sartoriale, si potrebbe rintracciare l’essenza della più grande couturier dello scorso secolo. La rivoluzionaria che gettò alle ortiche i corsetti stringati che condannavano le donne a posture dannose, inaugurando l’era degli abiti di jersey, morbidi e femminili, dei tailleur in tweed e bouclè con la gonna al ginocchio e la giacca a sacchetto, del bianco e nero, dei fili di perle.
Chanel: la prima vera stilista del secolo degli stilisti
Coco Chanel non si definiva sarta, piuttosto una creatrice di moda, forse la prima vera stilista del secolo degli stilisti. «Per prima cosa io non disegno- ripeteva – non ho mai disegnato un vestito. Adopero la mia matita solo per tingermi gli occhi e scrivere lettere. Scolpisco il modello, più che disegnarlo. Prendo la stoffa e taglio. Poi la appiccico con gli spilli su un manichino e se va, qualcuno la cuce. Se non va, la scucio e poi la ritaglio. Se non va ancora, la butto via e ricomincio da capo. In tutta sincerità non so nemmeno cucire».
Due nuovi libri che celebrano la storia e le guerre storiche, ‘fashion’ e interiori di Coco Chanel
Ora, a 50 anni dalla morte di Coco Chanel, due libri celebrano la sua storia. “Le sorelle Chanel”, scritto da Judithe Little, dedicato alle tre sorelle Julia-Berthe, Gabrielle e Antoinette, che insieme diedero vita alla più prestigiosa maison francese. “Coco Chanel” di Annarita Briganti (Cairo), narra il suo essere una guerriera. costantemente, una donna in guerra. Guerre storiche, dalla prima alla seconda guerra mondiale. E poi i conflitti sindacali portati avanti in tempi ancora non così sindacalizzati, negli anni Venti e Trenta del Novecento. Le guerre fashion contro i dettami dell’epoca, che imprigionavano corpo e spirito delle donne. E le battaglie contro i suoi fantasmi. Lo spirito single quando i single non esistevano. Infine, il viaggio a Hollywood, la “fuga” in Svizzera dopo l’occupazione trascorsa “vicina” ai nazisti e il ritorno a Parigi.