Uno studio pubblicato sul Medical Journal of Australia mette in guardia sulle insidie dello smart working. Secondo i ricercatori, non vestirsi per recarsi al lavoro ma rimanere in pigiama tutto il giorno danneggia la salute mentale.
All’inizio della pandemia, qualcuno potrebbe aver tirato un sospiro di sollievo. Lavorare in smart working senza essere più costretti a vestirsi ogni mattina per andare in ufficio. Quello che da un lato potrebbe apparire come un risparmio di tempo ed energie, è invece un’insidia. Almeno secondo uno studio pubblicato sul Medical Journal of Australia.
Smart working, la ricerca pubblicata sul Medical Journal of Australia
La ricerca è stata condotta nel pieno del primo lockdown, tra aprile e maggio, da accademici del Woolcock Institute of Medical Research di Sydney. Hanno contribuito 163 accademici e ricercatori provenienti da varie zone del Paese, ed è stato pubblicata sul numero di ieri, 14 dicembre. Secondo i risultati dello studio, coloro che lavorando in smart working rimanevano in tuta o addirittura in pigiama, hanno rivelato peggiori condizioni di salute mentale rispetto a chi si vestiva normalmente.
Secondo Cindy Thamrin e David Chapman, gli autori dello studio pubblicato sul Medical Journal of Australia, «una maggiore percentuale di persone che indossano il pigiama durante le ore di lavoro riporta un declino di salute mentale durante la pandemia, rispetto a chi si veste prima di andare al computer».
Quindi, non vestirsi a puntino per recarsi in ufficio o al lavoro non è un bene. L’ideale sarebbe riuscire a trovare un equilibrio tra il look “trasandato” di chi si piazza davanti al computer direttamente in pigiama (anche se questa appare una prerogativa più maschile che femminile, e in generale poco italiana), e il dover prepararsi scegliendo con cura gli abiti dall’armadio. Del resto, moltissimi brand di abbigliamento hanno ormai ampliato le loro collezioni con capi comfy chic per lavorare da casa.