“Questo posto non cambia mai da duemila anni. Patrizi e plebei, politici e criminali, prostitute e preti. Roma”. Da oggi, 30 ottobre, Suburra torna su Netflix. La fiction che ha raccontato un Vaticano come quello che è sui giornali, la corruzione endemica del potere capitolino, la storia del porto che potrebbe far venire in mente quello mai realizzato a Fiumicino da Caltagirone, è arrivata alla sua ultima stagione.
Una produzione di successo alla quale la realtà romana, con la criminalità di Ostia, Mafia capitale, il Vaticano, ha offerto materiale migliore di qualsiasi best seller per la prima serie originale italiana Netflix. In attesa di rivederlo tessere reti degne di un novello principe di Machiavelli, Francesco Acquaroli, che i fan anche per strada chiamano Samurai, è con noi su WondernetMag.
Intervista a Francesco Acquaroli
La terza serie di Suburra. È davvero l’ultima?
Francesco Acquaroli: … e chi lo sa? Vedremo… (ride)
Un bilancio?
Francesco Acquaroli: Siamo riusciti a fare una bella serie. Il materiale c’era, ma siamo anche riusciti a creare un racconto di finzione con una sua struttura, anche al di là dei fatti di cronaca che richiama. Abbiamo messo su una bella squadra, lavorato tutti con il massimo impegno e il risultato è positivo.
Roma deve trovare un nuovo sindaco. Suburra docet?
Francesco Acquaroli: Spero proprio di no. Pensare che tutto l’elettorato sia così in trappola mi sembra troppo. Vedremo. Ormai la realtà ci sorprende sempre di più. Succedono sempre cose imprevedibili anche all’ultimo momento. Roma è una città difficile da amministrare, ma sarebbe ora che riuscissimo a migliorare l’amministrazione. Poi la realtà è sempre una fucina di cose incredibili, ma non riguarda solo Roma.
A novembre sarà su Sky atlantic con Fargo 4. Com’è stato lavorare negli Stati Uniti in pieno Covid. La visione che arriva dell’america trumpiana è reale?
Francesco Acquaroli: Lì il covid è arrivato circa un mese dopo. Abbiamo interrotto le riprese il 14 marzo e noi europei siamo stati rimpatriati. Non conoscevo gli Stati Uniti. Sono stato fermo da ottobre a marzo a Chicago e poi di nuovo ad agosto, perché io e Salvatore Esposito non avevamo finito le riprese. A me sembra ci sia una grande tensione sociale e razziale. È uno straordinario Paese con contraddizioni feroci. Il livello di scontro diventa subito pericoloso, perché le tensioni sociali sono molto forti. Poi aggiungi che la destra americana, da sempre liberale, ha assunto con Trump le caratteristiche che le destre hanno in tutto il mondo. Manifestano idee così retrograde, che sembra ci vogliano riportare al medioevo. Basta guardare come si comportano le persone che credono a Trump, come si comportano sul covid: in maniera irresponsabile, antiscientifici. Stanno rinnegando le fondamenta del pensiero occidentale. Questo fenomeno riguarda anche noi. Vedere tutto l’Occidente rinnegare le sue basi di grande civiltà, è qualcosa che supera la realtà. Come si poteva immaginare qualche anno fa che l’Europa avrebbe cominciato a segare il ramo su cui è seduta, mettendo in discussione principi fondamentali come i diritti dell’uomo? Ma Trump non viene da Marte, è espressione di un elettorato che la pensa come lui.
Set cinematografici aperti, teatri e cinema chiusi. Senza scendere nella diatriba teatri chiusi chiese aperte, o simili, una tassazione maggiore delle piattaforme digitali, per aiutare i lavoratori dello spettacolo che ora sono fermi, potrebbe essere un’idea?
Francesco Acquaroli: Ho grande rispetto delle competenze. A sentirla così la sua proposta potrebbe anche avere un senso, salvo poi scoprire che un certo intervento produce controindicazioni. Non lo so, quindi non mi lancerei in slogan.
Per quanto riguarda i lavoratori dello spettacolo, credo che debba finire questa divisione tra lavoratore dello spettacolo, della ristorazione o altro. Un lavoratore è un lavoratore. Tutti i lavoratori che hanno bisogno di sostegno vanno sostenuti.
Sei lavoratore? Sì. Stai lavorando? No. E allora ti do un sostegno. Non importa se raccogli pomodori o dici battute su un palcoscenico.
Franceschini dice di mandare spettacoli teatrali in streaming. Il cinema sta passando sulle grandi piattaforme. Che ne pensa?
Francesco Acquaroli: Uno va in teatro per immergersi. È una realtà completamente diversa che la televisione non ha mai reso. Non ti metti con una telecamera davanti al palcoscenico, dal lato dello spettatore, e lo riproponi in televisione, perché non funziona: uccidi il teatro e lo spettatore lo rifiuta. Possiamo aprire tutti i canali teatrali che vogliamo, ma non li vedrà nessuno. Per riprodurre il teatro usando la televisione, ci vuole una regia televisiva fatta apposta per la ripresa teatrale e risorse per le strutture produttive. Altrimenti offri un prodotto che dopo tre minuti ti ammorba. La proposta di Franceschini potrebbe anche avere un senso, ma deve essere chiaro che per realizzarla servono soldi.
In Suburra è Samurai, in Fargo è un mafioso italiano. Hugh Grant a sessant’anni, stanco dei ruoli romantici, vuole personaggi oscuri. Lei non vorrebbe ruoli romantici o da commedia, alla Giallini?
Francesco Acquaroli: Non vedo l’ora! Vorrei chiamare Hugh Grant, e dirgli “facciamo a cambio”. Sarebbe bellissimo. Mi fanno fare questi personaggi tremendi, che non hanno uno straccio di donna manco se pregano. Sono monaci, non so perché. Forse ho la faccia da monaco cattivo. Sogno di fare lo Hugh Grant dei sessantenni. Poi magari, anche in questo caso la realtà supera la fantasia e divento il Richard Gere della terza età.
Oggi a Roma scendono in piazza i lavoratori dello spettacolo. Teme infiltrazioni come nelle altre?
Francesco Acquaroli: Non credo.
Un’anticipazione sulla nuova stagione di Suburra che debutta domani?
Francesco Acquaroli: Anticipazioni non se ne possono dare. L’attesa è finita perché debutta stasera. Godetevi la terza serie e fateci sapere se è bella. Anzi, stavolta è il pubblico che deve dirci cosa ne pensa sui nostri social.
Progetti?
Francesco Acquaroli: Sto girando la serie tv Alfredo una storia italiana, tratta dalla tragica storia di Alfredo Rampi, il bambino caduto in un pozzo artesiano di Vermicino nel giugno del 1981. Interpreto il ruolo chiave del capo dei Vigili del Fuoco, impegnato nel salvataggio di Alfredino. Le riprese si sono fermate alcuni giorni per un caso di Covid e riprendiamo lunedì.
E’ in uscita il film Il giorno e la notte di Daniele Vicari. L’ opera è concepita come un film domestico e basata sulle regole dello smart working, si fonda sull’isolamento e sulla paura.
E in teatro?
Francesco Acquaroli: C’è un progetto insieme a Gianni Clementi e Paola Minaccioni per la stagione 21/22. Gianni è uno dei miei autori preferiti e il suo testo si chiama L’ebreo. Vediamo se riusciamo a farlo, sperando che questo delirio sia finito.