Il 17 maggio 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità prese una decisione storica: depennare l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali, preferendo darle la definizione di «variante naturale del comportamento umano».
Dal 2004, il 17 maggio si celebra la Giornata internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia riconosciuta dall’Unione europea e dalle Nazioni Unite. In alcuni Paesi del mondo tuttavia l’amore tra persone dello stesso sesso è considerato un reato, una perversione, un disturbo. Anche in Italia, purtroppo, la cronaca ci insegna che spesso gli omosessuali sono ancora vittime di insulti, intimidazioni, minacce o atti ancora più vili. Hanno fatto diretta esperienza di tutto questo due giovanissime ragazze, investite in pieno da una valanga di omofobia quando “hanno osato” pubblicare sui social una foto che le immortalava mentre si baciavano. Martina Tammaro e Erika Mattina hanno dovuto fare i conti con offese gratuite e attacchi crudeli, c’era chi augurava loro anche la morte, definendole (in quanto gay) persone disgustose, anormali, demoniache. Dalla loro esperienza è nata la pagina Le perle degli omofobi (oltre 30mila follower su Instagram), in cui pubblicano i messaggi vergognosi che quotidianamente ricevono. E di recente quella nata come una piattaforma social è diventata un libro omonimo.
Cos’è l’omofobia e come cercate di combatterla?
M – L’omofobia è un problema che ha a che fare con l’accettazione del diverso, se ne ha paura perché è qualcosa che non si conosce e che non si concepisce come normale. Chi ci insulta ignora una realtà. Una realtà che noi mostriamo: questo è il modo che abbiamo scelto per combattere l’omofobia. Perché ci siamo accorte che certi fenomeni si pensa siano casi isolati. Anche quello che è successo a noi era stato additato come caso isolato, ma non è così: l’omofobia è molto diffusa e tanti non denunciano. Oltre che mostrandola, combattiamo l’omofobia esorcizzandola, attraverso la nostra pagina Le perle degli omofobi.
E – L’omofobia è un odio ingiustificato e quello che facciamo è mostrare che esiste, perché secondo tanti l’omofobia non è una realtà. Nella nostra pagina dimostriamo che non è così, che la cattiveria delle persone esiste. Per questo riportiamo tutto quello che ci viene detto, censurando ovviamente i nomi.
Molte persone non reggono tutto questo, i più fragili arrivano anche a compiere gesti estremi. Che consiglio date a chi è vittima della stessa ignoranza di cui siete vittime anche voi?
M – Noi riceviamo molte testimonianze di questo tipo ed è bruttissimo. Ma queste persone devono ricordare di non essere sole, non devono credere a ciò che sentono: non sono figli di Satana, non sono sbagliati, non sono diversi. Noi con la pagina ci siamo sempre, siamo di supporto a chi ne ha bisogno, possiamo essere una spalla su cui piangere.
E – Non devono mai abbattersi e devono dare tempo alle persone. Questi insulti sono dettati da ignoranza, a volte serve tempo. Anche per me il coming out all’inizio è stato difficile, ma a distanza di anni le cose vanno meglio, anche la mia famiglia ci ha accettate e ci supporta sempre. Ad alcuni serve tempo per metabolizzare, noi stesse abbiamo avuto problemi con alcuni conoscenti. Ma bisogna essere forti.
Come è composto il “target omofobo” che vi commenta maggiormente?
M – L’età media è intorno ai 40 anni, ma ci scrivono madri di famiglia, ragazzini, preti. C’è di tutto.
E – A volte sbirciamo i loro profili e c’è persino la nonna che ha come foto profilo l’immagine coi nipoti. La maggior parte delle volte sono persone che non hanno un grande livello culturale, sono commenti scritti non proprio in italiano. C’è anche chi si lancia in tesi infondate, per spiegare che l’omosessualità è un errore. Magari le donne si sbizzarriscono più con il tema religioso, gli uomini puntano più sull’aspetto sessuale.
Le perle degli omofobi come è diventato da pagina social a libro?
M – C’era la paura che magari un giorno Instagram o Facebook potessero cancellarsi, portando via tutto il nostro impegno, la nostra battaglia. Ci siamo dette: c’è un modo per far sì che il nostro lavoro non venga dimenticato? E così abbiamo scritto il libro, che non è altro che una trascrizione delle perle, con in aggiunta i nostri commenti, il nostro pensiero.
E – Col libro il messaggio poteva arrivare a più persone e poi a Martina piace molto scrivere, aveva già scritto un libro su Wattpad.
Cosa spinge secondo te una persona che vede una foto in cui vi baciate ad augurarvi la morte?
M – Sono persone infelici, hanno frustrazioni che riversano su qualcosa che magari hanno difficoltà a spiegare. Basti pensare che ci hanno anche scritto che siamo noi la causa del Coronavirus! Riversano la loro rabbia, che hanno dentro per altri motivi, sulla prima cosa che vedono e che non concepiscono. Sfogano così, nella maniera più sbagliata che esista, tutti i loro sentimenti negativi.
E – Io ancora me lo chiedo! Ma penso sia un modo che hanno per sfogare la loro rabbia, lo stress, le frustrazioni, senza nemmeno pensarci troppo.
Cosa si prova nel leggere frasi di quel tipo?
M – Ormai (purtroppo) ci siamo abituate, all’inizio soprattutto Erika ci stava molto male. Ma ora sappiamo che quelle parole non hanno importanza. Certo, non siamo supereroi, non posso dire che non facciano male, ma grazie alla pagina Le perle degli omofobi e a chi ci supporta riusciamo a scindere il commento dell’omofobo da quello che siamo davvero.
Cos’è l’Amore per te? Perché il vostro dà così tanto fastidio, nel 2020?
M – L’amore omosessuale è un amore assolutamente normale, è Amore. Per me significa sentirsi completo, è trovare qualcuno con cui ti senti pienamente te stesso. Nel mio caso, è mettere l’altra persona al primo posto senza mai ferirla: io questo provo per Erika. Il nostro amore non è ancora visto come tale, perché c’è ancora la concezione che l’amore sia solo quello eterosessuale.
E – Dà fastidio perché non si conosce. Mi è capitato di vedere una mamma coprire gli occhi del proprio bambino mentre io davo un bacio a Martina. Ma quello che facciamo noi è quello che fanno gli altri: ci amiamo nello stesso modo. Basterebbe solo conoscerci, per capire che siamo persone normali.