Classe 1990, cresciuto a Bergamo, Mirko Ronzoni ha vinto la seconda edizione di “Hell’s Kitchen”, condotta da Carlo Cracco. Da allora è diventato “Sous Chef” del programma stesso al fianco di Cracco. Gestisce un progetto chiamato “Aesthetic Kitchen”, catering gourmet che da libero sfogo alla cucina creativa ed estetica che lo contraddistingue.
Mirko Ronzoni è il ragazzo della porta accanto che con positività, curiosità e innovazione crea continuamente uno stile unico e chiaro per la sua cucina. Attraverso i suoi canali social coltiva una community che ha come filo conduttore il lifestyle e la cucina.
Quando hai capito che cucinare poteva essere un modo per realizzarti come persona?
Alle elementari feci un corso di cucina che mi aprì un po’ alla finestra del food, del cucinare, dello sporcarsi le mani. Da bambino sentivo i profumi ed i colori e ne rimanevo affascinato. Quando frequentavo le medie ho deciso che mi sarei iscritto alla scuola alberghiera, ho capito che qualcosa stava per concretizzarsi. Ho scelto quel percorso di studi nonostante la lontananza dalla mia famiglia e le mille paure che sentivo. In seconda superiore ho realizzato che volevo davvero fare questo mestiere. Quell’estate, intraprendendo il mio primo lavoretto, capii che avevo delle buone prospettive e che gli altri apprezzavano il mio lavoro. Non è facile per un ragazzo iniziare un percorso del genere. Sacrifichi molto della tua vita da adolescente ed i tuoi affetti. Ricordo che quell’estate, dopo il lavoro, la sera prendevo la bici per andare con i miei amici al parco. Loro erano già in giro da due ore. Facevamo due chiacchiere, mangiavamo il gelato, ma a mezzanotte io li salutavo e andavo a dormire, vinto da la stanchezza. Un sacrificio, che però mi ha aiutato ad andare avanti. A diciotto anni avevo già sulle spalle tre anni di lavoro e avevo vissuto alcune esperienze che i miei amici, invece, stavano iniziando solo in quel momento. Crescere in quel modo mi ha avvantaggiato.
Da quando hai vinto Hell’s Kitchen sei al fianco di Carlo Cracco. Com’è lavorare con lui?
Quando decisi di mandare la candidatura per il programma, la mandai in un momento in cui ero a New York per lavoro. Mi proposi, ma lo feci quasi “alla cieca”. Se ripenso alla prima volta in cui sono arrivato in studio, dopo giorni di preparazione, ed ho visto Carlo, mi viene ancora la pelle d’oca. Di lui mi ha sempre colpito il suo sguardo ed il suo silenzio. Dopo la vittoria ho avuto la fortuna di conoscerlo da più vicino, lavorando al suo fianco. Vederlo lavorare è sempre una grande emozione. Carlo Cracco ha una grande tecnica ed un grande carisma. Il suo modo di coinvolgerti ti affascina e ti trascina. È di poche parole, che però sono intense e significative.
Quanto contano la tradizione e l’innovazione nella tua cucina?
La tradizione è la base dalla quale inizia preparazione di un piatto, e fa parte del nostro DNA. L’Italia ha un grande bagaglio di stili, di ingredienti, di diversità in base alle diverse regioni. Nella ristorazione traspare il nostro legame tradizionale e familiare. Gli chef stellati inseriscono nei loro menù piatti gourmet e innovativi con influenze dalle cucine di tutto il mondo, ma alla base c’è sempre la tradizione italiana. Le persone vogliono provare piatti particolari senza dimenticare i sapori di “casa”.
Quale è il piatto che meglio ti descrive e rappresenta?
Il risotto, che adoro perchè è un piatto versatile, può essere declinato in un’infinità di varianti e di combinazioni. Amo creare il risotto con barbabietola, crema di yogurt e animella. È uno dei piatti che ha riscosso più successo in Hell’s Kitchen. Negli ultimi mesi, mi piace preparare il risotto carnaroli ai porri, con latte di cocco, mandorle e limone, che trovo sia un connubio pazzesco.
E l’ingrediente che non deve mai mancare nella tua cucina?
Negli ultimi mesi mi sono un po’ evoluto. Un anno fa ti avrei detto che l’elemento immancabile nella mia cucina poteva essere il burro, grazie alla mia origine bergamasca. Con il tempo ne ho un po’ limitato l’uso. Adesso ti direi che nella mia cucina non può mai mancare il limone. È un agrume versatile, che mi piace molto usare per i miei piatti, sia dolci che salati. Ho notato che mi viene molto naturale inserirlo nelle ricette, dà una bella svolta alla preparazione dei piatti. Lo uso per gli involtini di verdura e carne, per gli spaghetti con il pesce ed i piselli, nella frolla e nella sfoglia, ma anche nei risotti.
Hai anche realizzato un format di cucina green. Quale è lo stile che più ti appartiene?
Mi piace sperimentare tutti gli stili culinari, quindi anche il vegetariano e il vegano. Trovo stimolante reinterpretare piatti della tradizione in chiave “green”. Non voglio mai limitarmi ad un solo stile culinario, amo preparare ricette che vanno dallo street food fino al vegan. La cucina, per me, è inclusiva e globale.
Chi è Mirko Ronzoni nella vita quotidiana e come si descriverebbe?
A breve partirà un canale Youtube che mi permetterà di mostrare le mie diverse sfumature. Sono una persona solare e positiva, e traspare anche dai miei social. Sono normale, naturale, mi piace pensare di essere il ragazzo della porta accanto. Non ho mai voluto costruire qualcosa di finto intorno a me.
Sei cresciuto in provincia di Bergamo, una delle regioni più colpite dall’emergenza Coronavirus. Come stai vivendo questa situazione?
Bergamo negli ultimi anni ha avuto un forte incremento di turismo, ben sostenuto dalle bellezze del territorio come la Città Alta. Questa situazione è molto difficile per la nostra terra. Mi fa male leggere, ogni giorno, i numeri dei contagi e dei decessi. Vedere alcune scene al TG mi ha lasciato un senso di tristezza dentro. Trovarsi in una situazione del genere non è facile per nessuno, soprattutto per noi che siamo nati e cresciuti in quelle zone e che abbiamo genitori, parenti ed amici che abitano in quelle province. Speriamo di rialzarci, più forti di prima.
In questi giorni, sui social hai chiesto ai tuoi seguaci cosa faranno dopo la quarantena, chi abbracceranno, quale città visiteranno. Quale è la prima cosa che farai tu, quando passerà tutto?
In questo momento bisogna cercare di pensare al “dopo”, e in qualche modo di non fermarsi mai. Stiamo sperimentando lo “smart working” e dei modi di vivere diversi, che magari non erano nella nostra natura. Per fortuna la tecnologia ci aiuta a restare vicini. Stiamo stringendo i denti. La ristorazione è una delle fasce più colpite. Il contatto umano con le persone, per noi, è fondamentale. Quando tutto questo passerà, tornerò ad assaporare la libertà che mi manca. La libertà di decidere, all’ultimo minuto, di andare in qualsiasi posto. Forse, farò quasi subito una gita fuori porta oppure andrò a cena al ristorante, magari da qualche mio amico. L’idea di uscire, sedermi ad un tavolo, bere qualcosa e rilassarmi, mi manca.