Alessio Vassallo torna in Tv come protagonista del film “La concessione del telefono”, tratto dal romanzo storico di Andrea Camilleri, in onda lunedì 23 marzo in prima serata e in prima visione su Rai1.
Nel terzo capitolo del ciclo “C’era una volta Vigata” Alessio Vassallo interpreta Pippo Genuardi, un commerciante di legnami siciliano. Un grande traguardo per il 36enne attore palermitano che, ancora una volta, si ritrova a raccontare un personaggio scritto dalla penna di un grande scrittore. Eppure, nonostante il momento felice della sua carriera, Alessio si concede un momento di riflessione sul momento particolare che stiamo affrontando tra pensieri, speranze e uno sguardo verso il futuro.
Alessio, come stai vivendo questo periodo?
È un momento molto difficile per tutti. Lunedì andrà in onda il film TV e solitamente il periodo della promozione di un progetto è un momento di condivisione. Ma adesso l’unica soluzione è restare a casa. Tutti noi dobbiamo essere coscienziosi. Nessuno immaginava di iniziare l’anno così. Noi artisti abbiamo un piccolo compito: provare a portare le persone in una sorta di mondo parallelo dove possono alleggerire i pensieri per un paio d’ore. Il mio primo pensiero, in questi giorni, va ai medici e a tutte le persone che lavorano per noi e ci permettono di stare nelle nostre casa.
Parlando del protagonista de “La concessione del telefono” , che idea ti sei fatto di lui?
Il mio personaggio è una vittima. La sua è un’ingenuità spinta. Sai, anche io sono una persona ingenua nella vita quotidiana ed amo esserlo. Ma quest’uomo ha un’ingenuità talmente accentuata che arriva a trasformarla in stupidità. La storia è una lente di ingrandimento umana sull’ingenuità e sulla stupidità. Pippo Genuardi si troverà in mezzo ai poteri forti dello Stato e della Mafia soltanto per aver chiesto di ottenere una linea telefonica. La sua insistenza verrà punita.
Che sensazioni provi ad essere il protagonista di un film come questo?
Per me rappresenta un onore infinito. Prendo parte ad un altro progetto di Camilleri, dopo ben due stagioni della serie “il giovane Montalbano” e “La stagione della caccia”. Mi reputo molto fortunato ad aver girato a Vigàta. Potrò raccontare ai miei nipoti che ho avuto la grande fortuna di poter dare voce e corpo ad alcuni personaggi scritti dalla penna di Andrea Camilleri. Questo progetto è una fortuna che tengo stretta in me. Sento una grande responsabilità, e mi auguro che Andrea sia felice del film.
Quale pensi sia il segreto del successo di Andrea Camilleri e delle sue storie?
Camilleri ha sempre avuto una scrittura diretta, vera, sincera. I personaggi che racconta sono tutti esseri umani che cadono nell’errore. In ogni sua storia emerge l’essere umano. Tutti noi sbagliamo nella nostra quotidianità. Inoltre, le storie di Andrea raccontano la Sicilia, quella dei sentimenti, degli odori, della bellezza. Non racconta la classica Sicilia stereotipata.
Quanto importanza ha avuto la Sicilia per la tua crescita artistica?
Sono palermitano e la mia terra ha contato molto per la mia arte. Sai, vivo da tanto tempo a Roma e quando arrivi da un posto come la Sicilia senti quasi di avere una marcia in più, un bisogno, una voglia di farcela. La Sicilia rappresenta uno stimolo importante nella mia carriera.
Alle spalle hai una ricca carriera. Se ti guardi indietro cosa vedi?
Sai, solitamente cerco di guardare sempre avanti, e poco indietro. Ma se adesso mi guardo indietro, vedo tutte le cose che ho fatto fin ad ora. E soprattutto, riesco a rendermi conto dei tanti sacrifici e dello studio che ho fatto. Tutto ciò si è tramutato in realtà e concretezza. Ne sono molto felice.
Ti senti cambiato dopo tutti questi successi artistici?
Non mi sento cambiato. Sento di essere sempre lo stesso. Sicuramente, tendo ad essere felice ed entusiasta del lavoro e della preparazione ad ogni ruolo che faccio. Cerco sempre di fare bene il mio lavoro. Fino a qui, va tutto bene.
In un momento così delicato per tutti gli italiani, se pensi alla parola “libertà” cosa immagini?
Adesso la libertà rappresenta la partecipazione, come cantava Giorgio Gaber. Guardare gli occhi degli altri, stringerci le mani, abbracciare le persone. Mi auguro che quando tutto questo passerà, le persone capiscano quanto è importante stare insieme, condividere una piazza, un cinema, una giornata e non solo uno schermo del cellulare. Spero che ognuno di noi riscopra la voglia di stare insieme.