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Sanremo 70, la prima serata minuto per minuto

Il riassunto della prima serata del Festival di Sanremo. Ha spiccato il monologo della giornalista Rula Jebreal: “Uomini, indignatevi con noi”. Gessica Notaro ha cantato sulla violenza alle donne. La classifica provvisoria: Vibrazioni in testa. Fiorello dà brio.

Stefano Miliani per ilgiornaledellospettacolo

La prima serata di Sanremo ha tirato giù il bandone. Alle una e 26 circa. Sfiancante, non finisce mai. Troppi dodici campioni più quattro giovani più gli ospiti, gli intermezzi, l’indispensabile pubblicità che rende il festival un affare per la Rai e non un costo. L’esito? Spicca Rula Jebreal con il suo monologo, per la profondità e capacità di mettere tutti davanti alla tragedia dei femminicidi, degli abusi sulle donne, delle parole che uccidono una seconda volta e delle parole che curano, tanto per riprendere “La cura” di Battiato da lei citata. Più sotto, potete leggere un’ampia, seppur incompleta, trascrizione di quanto ha detto la giornalista e docente universitaria. “Uomini, indignatevi con noi”, esclama. Perché non è stato un discorso contro gli uomini ma contro una certa cultura, certi determinati uomini. Sotto potete leggere una trascrizione pur parziale. Come ha scritto qualcuno su Facebook: “un discorso potente, non retorico, una boccata d’ossigeno”. Rula peraltro se l’è cavata egregiamente, soprattutto nel scendere le scale, come co-conduttrice.

L’argomento è tornato in scaletta con Gessica Notaro, che fu sfregiata con l’acido tre anni fa, ospite come cantante e con un brano di Ermal Meta che affronta il suo dramma di petto. Amadeus ha voluto quindi l’argomento in primo piano, anche se a una certa ora. 

Amadeus nuota in tv come un pesce nell’acqua ed era perfettamente a suo agio. Niente svarioni, niente di clamoroso, ma è Fiorello ad aver dato più vivacità alla maratona. L’ingresso dello showman vestito da prete ha stupito. Ha sciorinato allusioni alla chiesa, al papa, ha invitato gli spettatori a scambiarsi il segno di pace, ha dominato la scena, ha introdotto l’amico Amadeus, ha alluso ai due Matteo (ha detto che la tonaca era quella di don Matteo, “l’unico Matteo che funzioni”), ai 5 Stelle, alle Sardine … Dovrebbe rammaricarsi chi non è stato ricordato, Fiorello non fa né vuole fare satira politica che graffia.

Standing ovation per la ritrovata coppia Al Bano – Romina, per Rita Pavone in gara, ma a proposito dei concorrenti ha detto bene Fiorello: all’una e passa prima della classifica provvisoria (vinta per ora dalle Vibrazioni) “ci guardano 300mila persone”. Tiziano Ferro super ospite? Troppe volte sul palcoscenico, provoca un effetto di saturazione.  

La serata momento per momento

La classifica della giuria demoscopica della prima serata

1 Le Vibrazioni 

2 Elodie 

3 Diodato

4 Irene Grandi

5 Marco Masini

6 Alberto Urso

7 Raphael Gualazzi

8 Anastasio

9 Achille Lauro

10 Rita Pavone

11 Riki

12 Bugo e Morgan

Fiorello alle 01:25 “Sveglio chi si addormenta nel backstage”

Torna Fiorello. E almeno ironizza sugli orari: “Nel backstage sveglio chi si addormenta. Deve essere bello per un cantante cantare alle una e un quarto”. 

Carioca di Raphael Gualazzi spizza per vivacità nel panorama della serata. Tanti influssi, swing, jazz, latinoamericana… Ultimo dei cantanti in gara all’una passata: troppo tardi, chissà quanti telespettatori hanno ceduto al giusto abbraccio del sonno (chi deve alzarsi presto la mattina …) 

Amadeus introduce Gessica Notaro: tre anni fa ai suoi 28 anni l’ex fidanzato le gettò in faccia dell’acido e Antonio Maggio, musicista, amico della cantante. Interpretano “La faccia e il cuore”, composta da Ermal Meta. Amadeus: “Vorrei questa canzone fosse un manifesto contro la violenza sulle donne”. E si appella alle radio: “Ascoltate questa canzone, è un modo per combattere la violenza”. Il brano racconta una storia come quella subita da Gessica. 

Arriva il turno di Riki. Giovane per età, con una canzone sul sentimental-melodico senza personalità. E a pochi minuti dalle una di notte ancora la fine della serata non si intravede nemmeno. Troppo lunga, questa cerimonia del 70esimo anno.

Amadeus si mette in connessione con Raiplay per una iniziativa inedita (questa è una prima volta che conta) in effetti necessaria: una diretta con performer che raccontano la serata con il linguaggio dei segni per i sordi. 

Emma in qualità di ospite come cantante e come succede di norma supera la gran parte dei concorrenti tra “Stupida allegria” e un medley di più pezzi. Patetico e scontato il giochino di Amadeus che finge di aver dimenticato di averla invitata a cantare. 

Dopo di che Amadeus la porta fuori dall’Ariston e vanno su un palcoscenico in piazza. La prima volta che accade, rimarca a ogni pié sospinto il conduttore. Sai che novità…

Il monologo di Rula Jebreal

Da un libro nero Rula riprende le parole che “non vorremmo sentire”, la introduce Amadeus: la giornalista ricorda le domande insinuanti nei processi a donne vittime di violenza, “troppo belle, troppo brutte, troppo disinibite, ce la siamo voluta”. Dal libro bianco con le parole da sentire cita “La cura” di Battiato. E ricorda quando era bambina in orfanatrofio. “Ci raccontavano delle nostre madri, spesso torturate, stuprate, uccise. Amo le parole e per cercare di rendere migliore il mondo, specie per le donne. Ma ci sono i numeri: negli ultimi tre anni 3 milioni hanno subito violenza sul posto di lavoro, in media una donna ogni 15 minuti al mondo subisce violenze, solo sei donne sono state uccise la settimana scorsa in Italia. E il carnefice non bussa alla porta perché ha le chiavi di casa”. Un dubbio: forse qualche dato sulle violenze sul posto di lavoro, quei 3 milioni, si riferisce alla situazione mondiale, non italiana? O abbiamo capito male? 

Poi cita un brano da “La donna cannone” di De Gregori. Ricorda la madre, suicidatasi quando avevo 5 anni dandosi fuoco. “Voleva liberarsi dal suo corpo, era stato il luogo della sua tortura, mia madre Nadia fu brutalizzata due volte. A 13 anni da un uomo e da un sistema che non le ha consentito di denunciare. L’uomo che l’ha violentata per anni era con lei mentre le fiamme divoravano il suo corpo e aveva le chiavi di casa”. 

Rula si commuove e commuove. “Sono diventata la donna che sono grazie a mia madre”. Ricorda che quelle parole sulle donne, quelle buone, sono scritte da uomini. “Parlo agli uomini, lasciate essere quello che desideriamo, siete nostri complici e compagni, indignatevi con noi”. 

Conclude: sono stata scelta per presentare la musica e celebrare le donne, ma sono qui per parlare delle cose, il senso è nelle parole giuste, nelle domande giuste, chiedetevi pure come ero vestita, ma non si chieda mai più a una donna come era vestita quella notte. Mia madre non ce l’ha fatta e ha avuto paura, non vogliamo più essere vittime, un accessorio, una quota, lo devo a mia madre Nadia, a tutte noi, a me stessa, alle figlie, alle bambine qui e là. Nessuno può toglierci il diritto di addormentarci come in una favola”.  

Tiziano Ferro canta Mia Martini, si commuove e sbaglia il finale

Elodie canta un pezzo scritto da Mahmood, vincitore nel 2019, “Andromeda”. Tempi spezzati, una canzone che evita il “melodico”. 

Segue il cast di “Gli anni più belli” di Gabriele Muccino. Con Emma dai capelli bruni in veste di attrice. Se tolgono la parola “emozioni” cosa dicono? 

Diletta Leotta sfodera il suo monologo. “La bellezza aiuta, col cavolo che ero qui se no”. Sarei ipocrita se dicessi che il mio aspetto è secondario. Cita un proverbio in siciliano della nonna Elena: “La bellezza è un peso che con il tempo può farti inciampare se non la sai portare”. La giornalista – conduttrice parla alla nonna in platea. “Facciamo di tutto per trattenere il tempo, ma facciamo un esperimento, vediamo che effetto farà su di me”. E un video ricostruisce progressivamente il suo volto quando sarà vecchia, nel 2076. Piena di rughe. “Lei (la nonna, ndr) mi ha insegnato a essere diversamente bella, studiare, trovare l’amore giusto”. “Crescendo bisogna solo imparare a regolare il ritmo, ogni giorno che viviamo è un regalo. Una cosa l’ho capita. Io non ho paura e lo devo a te, nonna. Grazie”. E quando la ricostruzione facciale la riporta allo stato odierno conclude: “Meno male nonnina che mi hai fatto tornare così altrimenti col cavolo che ero qui”. 

Tiziano Ferro in “Almeno tu nell’universo” fa rimpiangere Mia Martini. Pubblico in piedi, lo inneggia, ma il cantante si dispera, si rende conto di non averla azzeccata nel finale. E lo riconosce pubblicamente. 

Anastasio rovescia rabbia in un brano bello tosto, il più rock di tutti per lo meno fino a oggi. Al di là del rap.  

Chi porta brio è sempre Fiorello. Che sembra (sembra) costringere Amadeus a un numero improvvisato di imitazioni, tipo Celentano. 

Al Bano e Romina, la prima canzone dopo 25 anni

Introdotti dalla figlia Romina Carrisi, Romina Power e Al Bano rispolverano “Nostalgia canaglia” cui segue un medley, “Felicità” compresa. La parte del pubblico inquadrata canta felice. La coppia rassicura. Anche per loro pubblico in piedi in sala. All’annuncio dell’inedito “Raccogli l’attimo”, il primo del duo dopo 25 anni, Romina Carrisi cita come co-autore del testo Cristiano Malgioglio in prima fila. E qua il pubblico lo chiama ripetutamente. Il brano? Tra suggestioni orientaleggianti e dance il pezzo non segue il loro classico solco iper-sentimentalista, almeno è una piccola e piacevole sorpresa. 

Un numero di Diletta Leotta. Fa la giornalista sportiva cronista come se il fetival fosse una partita: qui c’è la partita, è finito il secondo tempo, Amadinho giocatore sorpresa … Insomma, niente di che. 

Le Vibrazioni si fanno affiancare sul palco da un perfomer che traduce il testo nella lingua dei segni: bel gesto. Canzone melodica più che rock, a dispetto dalle due parole di introduzione sciorinate da Rula. 

Diodato a ruota è quanto di più tradizionale il festival possa sciorinarci.   

Achille Lauro con la sua “Me ne frego” incontra un pubblico imbarazzato. Entra con un mantellone nero, poi rimane in tutina lamé e tatuaggi bene in vista. Allusioni gay, se ne va accompagnato da Fiorello e lascia il mantello. Un pizzico di sorpresa. 

Rula Jebreal arriva e sulle scale di Sanremo dice: “Sanremo ha un’energia bellissima ma le scale più belle che ho sceso sono quelle quando sono arrivata in Italia”. 

Il testimone passa a Rita Pavone. Mettendo da parte le sue posizioni politiche, conta la canzone. E il suo brano e la sua interpretazione sono decisi, convincenti. La sala apprezza e le regala una standing ovation.  

Marco Masini vinse nel 2004. Ora è un po’ meno arrabbiato, per il resto non è cambiato granché. Secondo tra i campioni in lizza. 

Arriva Diletta Leotta. “E’ bella posso dirlo?” , la introduce Amadeus. “Laureata in giurisprudenza, non lo sapevo”. La giornalista fa la cronaca degli scalini scesi: 15. Per dare informazioni utili alle colleghe. Professionista della tv, scivola via agilmente sulle prime presentazioni. 

Irene Grandi, primo big a esibirsi dopo un’ora

I cantanti in gara? Il primo, anzi la prima è Irene Grandi. E il festival va avanti da un’ora.  “Finalmente io” vuole essere piuttosto rock, d’altronde l’ha scritta Vasco Rossi. Punta sull’incalzare del ritmo. 

Tiziano Ferro super ospite (per tutte le sere) inizia la sua sequenza con “Nel blu dipinto di blu” di Modugno. In stile crooner. Pubblico in sala lo segue. 

Quarto ingresso tra i giovani, Leo Gassman. Figlio di Alessandro, l’attore. I più originali erano gli Eugenio in via di Gioia e sono stati esclusi, qui siamo ancora su binari correnti. Tanto si sa da anni: non è che la categoria riserva troppe sorprese musicali rispetto ai big. Vince lui la sfida a due e passa alle semifinali e con Tecla, venerdì, con finale nella penultima serata stessa. 

Terzo delle nuove proposte, Fadi. Il cantautorato rimasticato “per le strade di Bologna”.  Ha il padre originario della Nigeria. Perde e se ne va ridendo con un “viva la Romagna”. 

Tecla, seconda entrata nella categoria giovani. Canzone tanto sanremese nel timbro, ambientalismo e anti-violenza e messaggio buono. Le nuove proposte si sfidano a due a due. Gli Eugenio sono più originali. Ma passa la 16enne Tecla. Verdetto più banale.  

Gli Eugenio in Via di Gioia aprono la lunga, per non dire infinita, maratona delle canzoni. Pezzo vivace, il gruppo dopo pochi minuti ha ingranato.  

Fiorello domina la scena: “al festival si entra papa, si esce Papeete”

Fiorello da prete intona “Amadeus” come canto religioso. Manca solo l’odore di incenso. E introduce “l’amico Amadeus”. Finché non inizia il numero a due. Lo showman ospite domina la scena. Balla. Avvisa il collega che se fa flop la sua carriera è finita, ironizza sul fatto che al festival si canta da 69 anni. Conclude: “al festival di Sanremo si entra papa, si esce Papeete”. 

Fiorello vestito da prete

Lo showman introduce in tonaca da prete: “non voglio essere blasfemo”, esorta a scambiarsi il segno di pace. “E’ l’abito di don Matteo, uno dei pochi don Matteo che funzionano in Italia”. Esorta il papa a non lanciare una scomunica. E registra: Jovanotti, Salmo, la Bellucci, c’è stata una moria di ospiti come i 5 Stelle. Dice di essere qui come sostegno ad Amadeus, visto che le Sardine hanno già da fare. 

Il “Prima festival” non sorprende

Con Ema Stokholma davanti al teatro, Gigi e Ross a fare i “cretini”. Umorismo così così, non sorprende proprio.  

Il balconcino di Mollica

La premessa è come da tradizione, è un omaggio al giornalista di Rai1 Vincenzo Mollica. Amadeus e Fiorello vanno sul “balconcino” dell’Ariston dove il cronista ha inanellato incontri e interviste lampo da anni e anni diventando un’istituzione. Un omaggio perché per Mollica è l’ultimo Sanremo: va in pensione. Anzi, la Rai gli ha concesso una proroga per essere al festival perché la data finale cadeva a gennaio. 

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