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Andrea Bosca: «Per prepararmi al ruolo di Stefano ne “La guerra è finita” prima di andare sul set leggevo Pavese» 

Andrea Bosca è uno degli attori italiani più amati e seguiti dal pubblico. Dal 13 gennaio lo vedremo su Rai1 nella serie “La guerra è finita” di Michele Soavi, accanto ad Isabella Ragonese e Michele Riondino

Energia, vitalità, passione: sono questi gli elementi necessari e vitali per Andrea Bosca. Dopo aver conquistato il pubblico italiano interpretando tante fiction e film di successo, con la partecipazione alla serie TV statunitense “Quantico” si è fatto conoscere ed apprezzare anche a livello internazionale. Andrea riesce, da sempre, a trasportare l’arte in ogni pensiero, idea e azione che compie. Attraverso i progetti importanti che ottiene l’artista desidera parlare agli esseri umani, aiutando chi ne ha più bisogno. Il suo sogno? Dare voce a chi non ne ha, come ai bambini siriani che aiuta attraverso la Onlus “Every Child is my Child”. Ne ha parlato con Wondernet Magazine  in questa intervista esclusiva.

Dal 13 gennaio sarai in TV con “La guerra è finita”. Come descriveresti Stefano, il tuo personaggio?

Sognavo di interpretare un ruolo del genere da tanto tempo. Stefano è un giovane avvocato. Si innamora di Giulia, interpretata da Isabella Ragonese, e si rende conto che vuole aiutarla con i bambini, reduci dalla guerra. Quei bambini hanno perso ogni cosa e devono riavere indietro il diritto di vivere una vita normale. Mi piace definire il mio personaggio come un eroe romantico. Questo è stato un lavoro molto bello ed intenso. Abbiamo girato a Reggio Emilia e in quel luogo, ognuno di noi ha sentito il bisogno di creare un gruppo speciale.
Andrea Bosca accanto ad Isabella Ragonese sul set della fiction “La guerra è finita”, dal 13 gennaio su Rai1

Per costruire personaggi del genere devi tornare, inevitabilmente, indietro nel tempo. Come ci sei riuscito?

È stato fondamentale lavorare alla costruzione del personaggio insieme al regista, Michele Soavi. Michele è riuscito a raccontare la posizione di ogni ruolo, ha trasformato ogni scena in qualcosa di significativo. Mi ha dato la possibilità di costruire un personaggio positivo e romantico attraverso il look e i modi di fare. Inoltre, mi sono avvicinato all’interpretazione di Stefano leggendo Cesare Pavese che descriveva in modo minuzioso gli anni del dopo guerra. Mi emozionava leggere “La luna e il faló”, per poi arrivare sul set e recitare.

Hai lasciato alle spalle un anno molto importante a livello lavorativo. Quali consapevolezze senti di avere raggiunto? 

Ho avuto la fortuna di fare delle belle esperienze. Mi sono messo in gioco e ho detto quello che davvero volevo dire. All’interno di ogni storia e di ogni personaggio, ho voluto portare una verità. Credo molto nella maturità che arriva con il tempo. Ci sono dei passaggi che fai nella vita, che ti insegnano ad affidarti e a lasciarti andare. Ho imparato ad essere naturale, spontaneo. Ciò che ho ottenuto quest’anno è il frutto di tanto lavoro svolto in questi anni. Le forze arrivano nel momento del bisogno. In progetti importanti come “ La Porta Rossa”, ho avuto opportunità di sfidarmi, cambiando totalmente il mio look, invecchiandomi. Ruoli del genere portano un grande cambiamento dentro di te. Quando inizio ad entrare in un personaggio e in una storia, cerco di orientare il mio sguardo in quella realtà. Ho imparato che la mia passione è una forza potente che mi permette di fare delle scelte dettate dal grande amore che provo per questo mestiere.
Andrea Bosca con Isabella Ragonese in un’altra scena della fiction “La guerra è finita”

Oltre alla recitazione, ti occupi da sempre di temi sociali importanti. Ce ne parli? 

Non sono mai stato in grado di scindere l’arte dalla mia vita. I personaggi che interpreto mi danno anche la possibilità di guardare il mondo e di cambiare qualcosa intorno a me. Insieme a tanti amici e colleghi, ho cercato di creare una Onlus chiamata Every Child Is My Child, che aiuta i bambini siriani che non hanno la possibilità di vivere la loro infanzia. Una delle iniziative è una raccolta fondi per ricostruire la Plaster School, un centro educativo e rieducativo elementare per i bambini profughi al confine tra Siria e Turchia. C’é stata grande attenzione per questo progetto, e ho notato intorno a noi un grande risveglio. Quando aiuti e guardi negli occhi questi bambini, ricevi un amore smisurato che mi fa sempre pensare: “Sto facendo qualcosa che ha un senso”. Ho voglia di dare voce a chi voce non ce l’ha.

Quali sono i temi di cui senti il bisogno di parlare e perché? 

Adesso voglio addentrarmi all’interno del problema dei cambiamenti climatici. Queste situazioni non sono fantascienza. Abbiamo bisogno di parlarne e di non essere più indifferenti. Non è possibile chiudere gli occhi davanti al mondo che cambia. Ognuno di noi può, nel proprio piccolo, migliorare il mondo che lo circonda. Questa sarà la vera conquista: avere il piacere e la voglia di creare un senso di comunità e di gruppo capace di cambiare le cose. Le perdite e le sconfitte della vita possono chiuderti al mondo oppure renderti più disponibile. Nel momento in cui scegli di aprirti, inizi a capire quali sono le cose importanti ed é questa la scelta che voglio fare, sempre.

Teatro, tv o cinema. Dove ti vedremo prossimamente? 

Dal 17 Gennaio sarò al teatro Alfieri di Torino con “La luna e il falò” di Cesare Pavese. Poi andremo in tournée. Non vedo l’ora.

Come ti vedi tra un paio di anni? 

Vorrei avere la possibilità di raccontare la nostra umanità. Ho bisogno di costruire tante cose, ed ho dentro di me una grande voglia di vivere.

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