Alessandra Gioia è una cantante lirica, una giovane soprano già affermata da anni nel panorama artistico internazionale. Si è formata alla scuola delle eccellenze del mondo lirico, come Raina Kabaivanska e Mirella Freni, e ha studiato con altri maestri altrettanto straordinari come Renata Scotto, Renato Bruson e Cristina Mazzavillani Muti
Ha cantato sotto la direzione di Maestri tra i quali Roberto Abbado, Ramon Tebar, George Fritztch, Matteo Beltrami, Francesco Ciluffo, ed è stata diretta, tra gli altri, da Marco Bellocchio nell’Andrea Chénier al Teatro dell Opera a Roma. È stata Diana nell’Ifigenia, Aida, Turandot, Maddalena de Coigny nell’Andrea Chénier, Abigaille nel Nabucco all’Opera di Kiel. Sempre nel ruolo di Abigaille è tornata ad esibirsi lo scorso anno, riscuotendo un grande successo di critica e pubblico, per la “Trilogia d ‘Autunno” 2018 del Ravenna Festival. L’abbiamo incontrata alla vigilia di alcuni progetti molto importanti, per scoprire qualcosa di più sul suo percorso artistico.
Quando ti sei accorta che la tua voce era da coltivare attraverso lo studio?
Ho iniziato molto presto gli studi del canto lirico; c’era una predisposizione in famiglia, poiché mia madre aveva una voce molto bella ed intonata, ma purtroppo non l’ha potuta coltivare. Con questa sensibilità e grazie anche all’orecchio di mio padre, melomane incallito, quando ho iniziato a cantare in casa i miei genitori si sono accorti che avevo un materiale vocale di un certo tipo, non certo di una bambina di otto anni. Avendo un amico di famiglia che era un cantante del Coro della Cappella Sistina, ho avuto la possibilità di fare un’audizione, il cui risultato ha confermato le sensazioni dei miei genitori.
Così hai iniziato a studiare canto da bambina
Da bambina ho iniziato una sorta di propedeutica, i veri e propri studi sono iniziati all’età di 15 anni con la Maestra Dina Nizza.
Poi hai continuato con corsi di perfezionamento presso l’Accademia di Santa Cecilia di Roma, e presso l’Accademia di Arte Lirica ad Osimo, dove hai avuto come Maestra anche il soprano Raina Kabaivanska
Ho sempre pensato che lo studio fosse una parte essenziale e fondamentale per educare la voce, ma anche per acquisire una sorta di disciplina, di ordine mentale che mi potesse aiutare in questo percorso umano, artistico e professionale. Per questo, dopo gli studi di base di canto e materie complementari ho deciso di perfezionarmi in alcune Accademie di Arte Lirica e frequentando alcuni Master. Ho avuto il privilegio di avere Maestri eccezionali come Renata Scotto, Raina Kabaivanska, Antonietta Stella, Gianni Raimondi e diversi altri. Tutti questi incontri hanno influenzato positivamente la mia evoluzione artistica.
Ricordi il tuo debutto?
Certo, avevo sedici anni ed era il Concerto di Fine Anno degli allievi della Maestra Dina Nizza. Ho cantato un paio di arie accompagnata dal pianoforte. Quella è stata la mia prima esperienza davanti a un pubblico, ne conservo un ricordo meraviglioso nel mio cuore.
E la tua prima volta sul palco di un teatro lirico?
Nel 2009, quando ho partecipato al Festival della Valle d’Itria, una rassegna molto importante e che ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali. L’opera era l’Iphigenie auf Tauris, di Christoph W. Gluck con la revisione di Richard Strauss. Lì il parterre era composto da un pubblico di conoscitori e appassionati della lirica.”
A quale soprano ti sei ispirata all’inizio?
La mia risposta suonerà forse banale, ma tutte noi cantanti liriche abbiamo come riferimento Maria Callas, e non possiamo fare a meno di ispirarci, nel nostro piccolo, almeno un po’ a lei. È stata un’artista straordinaria che ha introdotto una nuova figura di eroina melodrammatica, non solo per la sua vocalità fuori dal comune, ma anche per il suo carisma. Io sono cresciuta con il suo mito.
I cantanti di lirica sono anche attori, e la Callas aveva una grande presenza scenica
È vero, e ci tengo molto a sottolineare il fatto che il cantante lirico è un “cantattore”. Noi cantiamo, ma dobbiamo anche interpretare una parte, ed essere credibili. Non a caso nel nostro percorso di studi siamo chiamati anche a sostenere degli esami di arte scenica, di drammaturgia, proprio perché siamo attori che cantano. Ho avuto la fortuna di studiare sia all’Arts Academy di Roma con la direzione di Francesco La Vecchia, che presso l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, dove ho seguito numerosi corsi di dizione e arte scenica tenuti dai docenti di ruolo.
A proposito di interpretazione, tra tutti i personaggi femminili che hai portato in scena, qual è quello che ti ha colpito di più?
Dal punto di vista vocale, sono stati tutti ruoli meravigliosi. Il ruolo che ha fatto più breccia nel mio cuore, perché ci ho ritrovato anche i miei sogni, i miei ideali, è stato quello di Maddalena di Coigny nell’Andrea Chénier, con la regia di Marco Bellocchio, nel 2017 all’Opera di Roma. Oltre all’esperienza professionale accanto ad un mostro sacro, che quest’anno è in concorso con il suo film anche per gli Oscar, la cosa che mi ha fatta innamorare del personaggio di Maddalena di Coigny è il suo “amare l’amore” fino al punto di andare oltre la dimensione terrena. Un amore trascendentale, il suo per Andrea Chénier, che funge anche da eredità e da esempio. Maddalena è una donna forte, che ama un eroe che muore per i propri ideali, tra i quali c’è anche l’amore puro per lei. Questa concezione dell’amore che supera tutto mi appartiene.
Un altro tuo mito oltre la Callas è il Maestro Riccardo Muti, e un giorno hai potuto conoscerlo di persona
Si, esattamente. Oltre alla Divina, un mio mito assoluto è sempre stato il Maestro Riccardo Muti. Ho avuto il privilegio e l’onore di conoscerlo nella produzione del Nabucco per il Ravenna Festival 2018/19. Aver ricevuto i suoi apprezzamenti è stato per me la realizzazione di uno dei sogni più grandi della mia vita. Altrettanto importante è stato l’incontro con un’altra grande persona e artista vicina al Maestro, sua moglie, la signora Cristina Mazzavillani. È stata lei a dirigermi nel Nabucco a Ravenna. Ho potuto constatare da vicino quanta arte, eleganza e umanità questa persona possieda, e capisco perfettamente il profondo legame artistico e di vita che la unisce al Maestro Muti. Per me è stata un’esperienza incredibile, felicità allo stato puro.
Quali accorgimenti adotti per la tua voce? Fai degli esercizi particolari?
Di buona norma, è importante riscaldare la voce attraverso i cosiddetti vocalizzi prima di affrontare qualsiasi performance. Poi c’è una sorta di igiene vocale da seguire, che prevede alcuni accorgimenti come il non fumare, il non eccedere nel consumo di alcolici. In sintesi la cura della voce passa attraverso le buone regole per la salute in generale. In particolare noi cantanti dobbiamo prestare ancora più attenzione ai mal di gola e agli abbassamenti di voce, perché in questi casi non possiamo esibirci al meglio.
Vuoi raccontarci del premio che riceverai a Natale?
È un premio che è arrivato all’improvviso e che non mi aspettavo di ricevere, che però naturalmente mi fa molto piacere, non solo perché è un’ulteriore attestazione di stima nei miei confronti, ma anche perché mi verrà consegnato in Molise, nella mia terra d’origine. Per me le radici sono molto importanti, perché quando ci si ricorda da dove si viene, si sa anche dove andare, mantenendo alto il sentimento e l’amore per la propria famiglia.
Quali sono i tuoi progetti professionali per il prossimo futuro?
Continuare a guadagnarmi la stima e l’affetto del pubblico e della critica. Dare di me l’immagine di una professionista che cerca di esprimersi, di donarsi al pubblico. Sto considerando anche delle proposte dall’Estero. Inoltre c’è in cantiere un progetto cinematografico a cui tengo molto, perché coinvolge anche delle persone a cui voglio bene.
Sarà un 2020 fantastico
Spero lo sia per più persone possibile, perché credo che più ci si impegni per affermare un mondo di serenità e di pace per tutti, in cui ognuno di noi trova la giusta collocazione per esprimersi e per fare quello che ama, più si contribuisca a costruire un mondo di valore assoluto.