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Giorgio Marchesi, nel cast de I Medici su RaiUno: “Recitare in inglese è uno stimolo”

Teatro, Cinema, Televisione. Giorgio Marchesi è un attore che, da sempre, ha stupito il pubblico per la grande versatilità con cui, costantemente, riesce a ricoprire ruoli sempre diversi tra di loro

Dopo il recente successo nella serie di Rai 1 “L’ Allieva”, e una brillante carriera teatrale  dove lo abbiamo ammirato nelle vesti del sognatore ne  Le notti bianche” di Dostoevskij, Giorgio Marchesi torna a sperimentare nuovamente in opere e progetti dinamici e reali. In tv lo vedremo nella fortunata serie internazionale “I Medici”, dal 2 Dicembre su Rai 1. A teatro, l’attore è in scena  con “7 anni” , l’opera di di José Cabeza e Julia Fontana

Il sogno di Giorgio è quello di raccontare le persone, di guardarle negli occhi ogni volta che recita, di lasciare un pensiero o un sentimento a chi lo vede recitare. Racconta le vite di ognuno di noi, con dignità ed umiltà. Questo e solo questo è ciò che rende Giorgio Marchesi un attore umano e reale. 

Sei a teatro con lo spettacolo “7 anni”. Ci descrivi il tuo personaggio?

Questa è un’opera molto contemporanea in cui il pubblico può rispecchiarsi. I personaggi sono diversi tra di loro e creano dinamiche di gruppo dove ognuno tira fuori vecchi segreti. Il mio personaggio è  un uomo con un progetto che vuole portare avanti. Vivrà una serie di intoppi e di problematiche che lo porteranno a non essere sempre lucido come vorrebbe. Il mio è un ruolo da stratega.

In questa opera, tanti sono i temi che emergono come la giustizia. Su cosa hai riflettuto maggiormente?

Questa storia mi ha fatto riflettere su chi, per anni, non paga quello che è dovuto alla comunità.  In Italia, purtroppo c’è una grande evasione fiscale che per la nostra economia è un grande peso. Diventa scorretto per chi paga le tasse. Credo che servirebbe una punizione più severa, rispetto all’odierna.  Se tutti pagassimo le tasse e se le tasse fossero utilizzate in modo giusto, cambierebbero molte cose. Quello che è successo a Venezia, in questi giorni, può farci riflettere sui soldi pubblici che spesso non vengono spesi come si deve. Paghiamo molte tasse ma non abbiamo i servizi giusti. Diventa difficile uscire e pagare la scuola, i trasporti, gli ospedali.

Mentre, per quanto riguarda il tuo personaggio, emerge sicuramente il  concetto di libertà. Che significato dai a questo valore?

Vivere sette anni della propria vita in un carcere non ha prezzo. Rifletti sui cambiamenti della vita, sui dispiaceri che creeresti alle persone che ami, sui figli che non puoi vedere crescere. La libertà è qualcosa che diamo per scontato ma in molti paesi del mondo non esiste. È importante ricordare la fortuna che abbiamo nell’avere la libertà di pensiero, di giudizio, di comportarci nel modo più vicino alle proprie sensibilità. La libertà di poter dire la propria e di dissentire è fondamentale.

A Gennaio, sarai nuovamente a  teatro con “Mine vaganti”, per la regia di Ferzan Özpetek. Quest’anno, c’è un grande spazio per il teatro nella tua vita. Come mai?

Nutrivo il desiderio di fare una tournée teatrale, come non potevo fare da tanti anni. Ho voglia di girare l’Italia, vedere dei bei teatri e avere un rapporto diretto con le persone. Lasciare uno spazio per il teatro, mi fa sentire come uno sportivo in allenamento. A teatro, tutte le sere, hai una responsabilità, entri in una storia e hai come regalo una reazione immediata del pubblico. Sarà una bellissima avventura con Ferzan e spero di poter fare un bel lavoro con un spettacolo che tratta temi importanti e riesce anche a strappare un sorriso. 

In tv, nella serie “Oltre la soglia”, interpreti un PM. Com’è stato lavorare ad un progetto del genere?

Questo è stato un progetto importante, per me. Affrontare un tema come il disagio psicologico è necessario. L’età dell’adolescenza è un’età delicata. Nella società di oggi, è difficile trovare una famiglia unita, delle amicizie solide. Si esce di meno e si sta molto più sui social. I ragazzi vivono molta più solitudine e si aggrappano ai social, dove si propone un’immagine felice e perfetta della persona. La serie è realistica. Non c’è spazio per le cose che addolciscono e rassicurano. Il cast è composto da ragazzi giovanissimi che ti stupiscono.

In che modo hai costruito insieme a Gabriella Pession la storia d’amore tra i due personaggi della serie?

Abbiamo costruito una storia sentimentale molto dura e reale. C’è una tensione fisica che vince sul resto. Io e Gabriella abbiamo creato due personaggi che sono molto simili tra di loro, e che hanno difficoltà ad andare d’accordo sulle cose. Di solito, in tv, si prediligono le storie molto più romantiche. Mi è piaciuto poter raccontare questa storia proprio perché racconta un rapporto diverso dal solito. È bellissimo vedere che in amore ci siano due persone sbagliate che non possono fare a meno l’uno dell’altra. Portare qualcosa di nuovo e diverso in tv, è una vittoria.

Tra poche settimane sarai in TV con la serie internazionale “I Medici” nel ruolo di Giacomo Spinelli.  Che esperienza ha rappresentato per te?

Ho cercato nella storia di Firenze, notizie su quest’uomo e sulla sua famiglia. Giacomo fa parte dei politici fiorentini, molto vicini alla Chiesa, che è in contrasto con Lorenzo. Ho trovato molto interessante vedere come anche all’epoca i politici pensassero non al bene comune, ma al bene del gruppo che rappresentavano.  È stato molto divertente e stimolante recitare  e prepararsi in inglese, incontrare gli attori stranieri e vedere attori italiani molto bravi come Alessandra Mastronardi e Francesco Montanari. Recitare in inglese ti spinge a lavorare in un altro modo e aggiungi un grado di difficoltà al tuo mestiere.

Hai sempre affermato di essere un attore in continuo cambiamento. Adesso, chi è Giorgio Marchesi come attore?

Sto vivendo un periodi ricco di novità. Rischiare mi appaga da un punto di vista personale. Sono contento del percorso che sto facendo come attore. Continuo a pensare che devo ancora lavorare molto. Il mio mestiere mi tiene vivo. Da parte della gente, vedo stima ed affetto. Oggi, nel mio mestiere, mi interessano sempre di più le persone ‘comuni’. Il nostro ambiente è molto strano e spesso è fatto d’immagine. Non bisogna dimenticarsi che questo lavoro non lo facciamo per i nostri colleghi o per i registi, ma principalmente per il pubblico. Il compito di un attore è incontrare il pubblico. Ascoltare le persone, raccontare storie vere è quello che voglio fare come attore. Voglio raccontare le storie che non conosco, le vite delle  persone che non sono mai raccontate: la vita di un operaio, quella di un poliziotto. 

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